Lacrosse, sport nazionale in Canada e molto amato negli Usa, discendente del baggataway che gli amerindi giocavano da secoli, è rappresentato nei tornei internazionali da una vera nazionale indigena. Nei secoli passati le sue competizioni servivano anche a regolare dispute fra tribù. Oggi, dopo molte trasformazioni, questo sport di squadra, sia maschile sia femminile, ha negli irochesi (una confederazione di sei tribù storicamente insediate tra nord-est degli Usa e Canada) dei protagonisti particolari. Nel lacrosse gli irochesi sono riconosciuti come una nazione indipendente, gli Iroquois Nationals, e viaggiano con speciali passaporti (anche se durante gli ultimi campionati mondiali in Gran Bretagna non sono mancate le questioni diplomatiche e i problemi di dogana). Sono la prima squadra di nativi che, da oltre vent’anni, è ammessa a giocare nella International Lacrosse Federation e sono in crescita, se si considera che questa estate la formazione giovanile ha vinto il bronzo ai mondiali e la nazionale maggiore ha battuto per la prima volta gli Usa, dominatori indiscussi nella disciplina, su un campo internazionale. Le due squadre da 10 (12 le donne) si affrontano in incontri da 80 minuti cercando di segnare punti nelle porte avversarie lanciando la palla con una sorta di racchetta triangolare munita di una rete all’estremità. Tra i primi europei a scoprire questo sport fu il gesuita francese Jean de Brébeuf (martirizzato nel 1649) che avrebbe introdotto il nome lacrosse per la somiglianza della racchetta con il pastorale dei vescovi (in francese, crosse). |