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Bout, il trafficante che sa troppo
18 novembre 2010
Al vertice Stati Uniti-Russia che si tiene il 19 novembre a Lisbona ci sarà un convitato di pietra che rischia di compromettere i buoni rapporti tra i due Paesi. Si chiama Victor Bout. Ai più questo nome non dirà nulla. D’altra parte, è lui stesso ad aver sempre cercato di nascondere la sua vera identità. In realtà è il più grande trafficante d’armi degli ultimi vent’anni. Arrestato nel 2008 a Bangkok (Thailandia), il 16 novembre è stato estradato negli Stati Uniti, dove verrà processato. La Russia, dove Bout gode di amicizie e complicità, ne richiede il rilascio e giudica illegale l’estradizione verso gli Usa. Ma come si è arrivati a questa tensione? E chi è Victor Bout?

Di lui si sa poco, a cominciare dalle sue origini. Si dice abbia 43 anni e sia nato a Duchambé (la capitale dell’odierno Tagikistan). Qualcuno però sostiene che sia ucraino o russo. È certo che ha frequentato l’Istituto militare di lingue straniere a Mosca (parla correttamente sei lingue). Dopo il diploma viene impiegato nel Gru, un reparto composto da agenti dei servizi segreti e militari dei reparti speciali. Partecipa a più missioni in Africa, in particolare in Angola e Mozambico. Sono gli anni Ottanta, l’Urss si sta dissolvendo e con essa il suo apparato politico-militare. Bout non si perde d’animo e cerca anzi di sfruttare al massimo la situazione. Con la complicità di alcuni ufficiali dell’Armata Rossa, negli arsenali dismessi dell’ex Patto di Varsavia si rifornisce di armi che poi vende a Paesi in guerra in Africa, Asia e America Latina. I suoi migliori clienti sono la Liberia di Charles Taylor, la Sierra Leone, l’Angola, il Ruanda, la Repubblica democratica del Congo (è suo l’aereo che farà fuggire da Kinshasa il dittatore Mobutu Sese Seko e sono sempre sue le armi vendute a Laurent-Desirée Kabila, il generale che combatte Mobutu).

Ufficialmente Bout è solo il proprietario di una compagnia aerea con base in Sudafrica e poi negli Emirati arabi uniti. Una compagnia che, unica tra quelle internazionali, vola in luoghi rischiosi. E quindi anche l’Onu e altre organizzazioni internazionali come il Pam (Programma alimentare mondiale) utilizzano i suoi velivoli. Sono i suoi aerei a rifornire i contingenti militari in Somalia durante l’operazione Restore Hope. Così come saranno i suoi aerei nel 2006 a portare gli aiuti alle popolazioni asiatiche colpite dallo tsunami.
«I piloti di Bout - ricorda Massimo Alberizzi, inviato in Africa del Corriere della sera - erano veramente temerari. Non temevano nulla. Per questo motivo anche molte diplomazie europee li impiegavano in occasioni particolari. Anche il ministero degli Esteri italiano. Ricordo che nel 2004 nelle fasi più calde della guerra civile ivoriana, la Farnesina decise di evacuare i nostri connazionali da Abidjan. E contattò Bout, che fornì gli aerei necessari. Tra l’altro su quei voli vennero caricati anche numerosi israeliani, forse agenti segreti, che si occupavano dello spionaggio elettronico in Costa d’Avorio».
La rete di conoscenze e di complicità di Bout, ha fatto sì che la sua compagnia aerea fosse l’unica ad avere il permesso dell’Onu di atterrare in Afghanistan durante il regime dei talebani (quando il Paese era sottoposto a embargo). Ufficialmente i suoi aerei portano i pellegrini a Jeddah, in Arabia Saudita, e poi da Jeddah proseguono verso la Tanzania, portando i ricchi sauditi appassionati di safari. Nei fatti, si sospetta che questi viaggi nascondano un traffico di armi a favore del regime dei talebani. Per non inimicarsi nessuno però, quando scoppiano le guerre in Afghanistan (2001) e Iraq (2003), Bout offre i suoi aerei a Stati Uniti e Gran Bretagna, che li utilizzano per trasportare merci e uomini (soprattutto contractor).

Bout non porta avanti questi traffici da solo. Sono molte le complicità, soprattutto nei palazzi del potere di Mosca. Tanto è vero che per lunghi anni vive indisturbato nella sua dacia alla periferia di Mosca. Intanto però i suoi giochi poco puliti vengono allo scoperto. Così viene emesso un ordine d’arresto internazionale e l’Interpol inizia a dargli la caccia. Caccia che si conclude il 6 marzo 2008 quando agenti americani, fingendosi ribelli delle Farc (le milizie antigovernative colombiane) interessati a una partita di armi, lo arrestano a Bangkok. Lì viene incarcerato e ci rimane fino al 16 novembre quando gli Usa riescono a farlo estradare.
Bout è un uomo che conosce molti segreti e che sa fino a che punto la politica russa è coinvolta nel traffico d’armi. È per questo motivo che i russi ne hanno chiesto il rilascio. Ed è per questo motivo che la sua estradizione potrebbe provocare frizioni tra Stati Uniti e Russia al prossimo vertice.
Enrico Casale
© FCSF – Popoli