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Fine del mondo o di un mondo? La "profezia" maya vista dai maya, di ieri e di oggi
19 dicembre 2012

Pochi ci credono veramente, ma tutti ne parlano: per venerdì 21 dicembre un'antica profezia maya prevederebbe la fine del mondo. Ma cosa c'è di autentico e quanto di "gonfiato" dai media e dalla superstizione in questa cosiddetta profezia? E come si preparano a vivere questa giornata gli eredi dei maya, ovvero i popoli indigeni latinoamericani?

Qualche risposta viene da un Incontro internazionale che inizia il 20 dicembre sulle sponde del Lago Titicaca, in Bolivia, noto non solo per essere il lago navigabile più alto del mondo (3.812 metri di altitudine), ma anche per essere la culla di antiche culture e miti indigeni. I preparativi fervono da mesi ed Evo Morales (primo presidente di origini indigene nella storia della Bolivia) ha deciso di fare della fatidica data del 21 dicembre una straordinaria occasione per rafforzare il suo ruolo di custode dell'identità indigena e di baluardo contro l'invasività occidentale e capitalistica.

Una premessa è necessaria: come confermano gli studi di antropologi e archeologi, nella visione dei maya il 21 dicembre 2012 coincideva effettivamente con un momento particolare della storia: la fine di un ciclo di 5.125 anni (13 b'ak'tun nel calendario maya) e dunque di un'epoca dell'umanità. I maya non hanno mai parlato però di «fine del mondo», ma eventualmente di «fine di un mondo», caratterizzato da egoismo e individualismo, con l'inizio di una nuova era di armonia tra gli uomini (leggi questo articolo uscito su Popoli, che spiega dettagli e significati della «profezia» maya).

Così, il governo boliviano ha deciso di convocare sull'Isola del Sole (dove secondo una leggenda quechua nacque la nostra stella) una kermesse internazionale dal titolo altisonante: «Chiudendo il ciclo del non tempo e accogliendo il nuovo ciclo; tempo di equilibrio e di armonia per la Madre Terra (Pachakuti)». Festeggiamenti, incontri e cerimonie sono in realtà già iniziati il 14 dicembre in un'altra zona della Bolivia, ma il clou dell'iniziativa sarà tra il 20 e il 22 dicembre sul Lago Titicaca, con l'arrivo di delegazioni da vari Paesi, non solo latinoamericani (sono previsti ospiti da Usa, Eruopa, Africa e Asia). (Vai al sito ufficiale dell'incontro).

L'incontro avrà anche un risvolto politico-commerciale: il 21 dicembre sarà infatti il giorno dell'«espulsione» della Coca Cola dalla Bolivia. Il governo ha infatti stabilito già da luglio il divieto di commercializzazione della bevanda e il boicottaggio dell'azienda di Atlanta, accusata da più parti di sfruttare i lavoratori, danneggiare l'ambiente e corrompere i politici. I due eventi - l'inizio del nuovo ciclo temporale e la fine dell'era Coca Cola - verranno celebrati insieme per volontà del governo boliviano. Come ha dichiarato il ministro degli Esteri, David Choquehuanca, «il 21 dicembre segnerà la fine dell'egoismo, della divisione. Quel giorno segnerà anche la fine della Coca-Cola e l'inizio del Mocochinchè (bevanda tradizionale del posto, a base di nettare di pesca). Tutto questo per amore della nostra Madre Terra».

Dietro la decisione di Morales vi sono certo motivazioni simboliche ed etiche, ma anche economiche. Ad esempio la volontà di preservare la coltivazione di foglie di coca dalla distruzione e dallo sfruttamento da parte di aziende straniere, tra le quali, si sospetta da tempo, la stessa Coca-Cola. Nella Costituzione boliviana la coca è definita «patrimonio culturale della Bolivia» e «fattore di coesione sociale». Insomma, niente fine del mondo, ma per la Coca-Cola sono comunque tempi duri, almeno in Bolivia.

© FCSF – Popoli