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Il gesuita ottantenne che sfida Chávez
04/11/2010

Lo sciopero della fame si è concluso il 27 ottobre, ma non si sono attenuati il dibattito nel Paese e un certo imbarazzo ai piani alti del governo. Fratel José María Korta, gesuita spagnolo di 81 anni, da sempre in Venezuela, ha digiunato per sette giorni davanti al Parlamento di Caracas per protestare contro la mancata applicazione delle norme costituzionali e legislative che tutelano i diritti degli indigeni.
La vicenda che ha dato origine alla protesta è complessa: da un anno tre indios dell’etnia yukpa, detenuti con l’accusa di omicidio e tentato omicidio, reclamano il loro diritto di essere giudicati secondo le proprie tradizioni e dalle autorità della propria comunità. Questo diritto è riconosciuto dalla Costituzione che Hugo Chavez ha introdotto nel 1999, una carta considerata all’avanguardia nella tutela dei diritti e dell’identità indigena, e dalla Legge organica dei popoli e comunità indigene. Ovviamente non si tratta di un «diritto all’impunità» e la sua concessione è ancorata ad alcune condizioni: che il delitto contestato sia avvenuto in una zona «demarcata» come indigena, che le persone coinvolte siano solo indios, che nella comunità in questione esistano autorità incaricate di risolvere i conflitti. Diversi giuristi ritengono che queste condizioni siano presenti nel caso di Sabino Romero Izarra (il principale imputato) e altri due indios yukpa. Interpellata dagli avvocati degli imputati, la Corte suprema di giustizia ha preferito non prendere posizione, limitandosi a spostare la sede del processo.
Fratel Korta ha scelto allora la protesta eclatante dello sciopero della fame per rispondere all’indifferenza delle autorità e per denunciare il trattamento disumano a cui sarebbero sottoposti i tre detenuti. Ma le sue critiche sembrano andare oltre questo caso specifico e, nelle ultime settimane, hanno messo in moto una serie di dibattiti sui concreti risultati della «rivoluzione bolivariana». Pur dichiarandosi «un ammiratore delle dichiarazioni di Chávez sulla politica indigenista» e pur riconoscendo la «buona volontà» del presidente, il gesuita, fondatore nel 2004 dell’Università indigena del Venezuela (Uiv), in un comunicato ufficiale denuncia che «in questi 11 anni del suo “governo rivoluzionario” non si è saputo o potuto implementare il capitolo 8 della Costituzione bolivariana (quello che tutela i diritti indigeni, ndr). Il diritto alla “demarcazione” non è altro che il diritto alla terra, ma dopo 11 anni non si è ancora concretizzata». Durante i giorni di sciopero della fame, fratel Korta ha ricevuto, tra gli altri, il sostegno ufficiale della Compagnia di Gesù del Venezuela.
Il 28 ottobre l’anziano religioso ha poi incontrato il vicepresidente Elías Jaua, ricevendo rassicurazioni sull’impegno del governo in queste materie. Ma intanto il dibattito sulla distanza tra proclami e concrete realizzazioni nella politica chavista è aperto, forse la prima crepa nel fronte progressista che da anni sostiene compatto l’ex paracadutista.
(guarda nella sezione Video, José Korta davanti al Parlamento nel giorno in cui ha iniziato lo sciopero della fame)

Stefano Femminis

© FCSF – Popoli