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In Guatemala si sorpassa a destra
19 ottobre 2011

Il 6 novembre in Guatemala sarà il giorno del ballottaggio per le elezioni presidenziali. In un Paese in cui negli ultimi anni si è verificata un’escalation di violenze legate in particolare alle attività dei cartelli della droga messicani, a fronteggiarsi saranno due partiti di destra che hanno messo il tema della sicurezza al centro del loro programma elettorale.
Il candidato favorito, dopo aver ottenuto il 36,9% delle preferenze al primo turno, è Otto Pérez Molina, ex generale dell’esercito. Molina, a capo del Partito Patriota, è diventato famoso in patria dopo aver firmato, nel 1996, gli accordi che sancirono la fine della guerra civile dopo 36 anni di scontri. Per la sua campagna elettorale ha scelto come slogan «Mano dura, cabeza y corazon» (che potremmo tradurre «pugno di ferro, cervello e cuore»), promettendo di combattere la criminalità con ogni mezzo. È però accusato da alcune organizzazioni indigene di essersi macchiato di crimini contro l’umanità durante la guerra civile ed è sospettato di aver partecipato all’omicidio di monsignor Juan Gerardi nel 1998.
L’altro candidato, Manuel Baldizón, è un uomo d’affari di 41 anni che si è candidato con il partito Libertà Democratica Rinnovata (Lider), ricevendo al primo turno il 23,7% dei voti. Anche lui ha promesso una dura lotta al crimine, proponendo di introdurre la pena di morte per i reati più gravi e ventilando la possibilità di compiere le esecuzioni in pubblico.
Nella disfatta generale della sinistra, da segnalare che il partito guidato da Rigoberta Menchú ha ottenuto poco più del 3% delle preferenze.
A poco più di due settimane dal ballottaggio Popoli.info ha chiesto un'analisi al gesuita Ricardo Falla, antropologo ed esperto di culture indigene.

Può tracciare un ritratto dei due candidati che andranno al ballottaggio?
Non è difficile, visto che i loro slogan appaiono continuamente in televisione e sui cartelloni pubblicitari. Il primo è il generale in congedo Otto Pérez Molina, segretario del Partito Patriota. La sua politica si basa sul pugno di ferro (simbolo della sua campagna) contro i criminali, facendo leva sul bisogno di sicurezza dei cittadini. Nel 1982, durante la guerra civile, ha avuto un ruolo centrale nel genocidio guatemalteco e ha fatto uso sistematico della tortura.
L’altro candidato, l’imprenditore Manuel Baldizón, dice di essere un uomo dalle umili origini che ha fondato la sua fortuna sul suo talento in campo manageriale. È un bravo affabulatore e si propone come un candidato progressista. Nonostante ciò, ci sono molte ragioni per credere che Baldizón sia colluso con ambienti del narcotraffico. Le stesse forze di centro-sinistra che lo appoggiano al ballottaggio non sono sicure che il suo partito sia libero dalla corruzione.

Quali sono i problemi più urgenti che deve affrontare il Guatemala?
Il problema fondamentale del Paese è la violenza che si vive nelle strade: con un tasso di 41 omicidi ogni 100mila abitanti, il Guatemala è uno degli Stati più pericolosi del Centroamerica. C’è poi una fortissima disuguaglianza sociale: urge una riforma fiscale che ridistribuisca la ricchezza alle fasce più deboli della popolazione che vivono nella povertà più assoluta. Il Guatemala, infatti, impone bassissime tasse sui rendimenti finanziari, con la scusa che un prelievo fiscale più alto farebbe crescere ulteriormente la corruzione. Un altro grande problema è la scarsa partecipazione democratica del popolo, non solo per quanto riguarda le elezioni nazionali, ma anche a livello di rappresentanze locali. Non esistono, inoltre, partiti che si battano per il riconoscimento dei diritti umani delle popolazioni indigene.

Il vincitore, chiunque sarà, riuscirà a risolvere questi problemi?
Questo è il grande dilemma che ci troviamo ad affrontare oggi. Nessuno dei due candidati sembra essere in grado di risolvere questi problemi, anzi rischia di accentuarli. Il militare promette «mano dura» per reprimere la violenza. Ma quali metodi userà? Gli stessi che ha usato durante la guerra civile? Non è un ricco milionario, ma è il rappresentante della destra sovvenzionato dal grande capitale. Guiderà un cambiamento o manterrà l’ingiustizia sociale? Dice di voler portare maggior sviluppo nelle zone rurali, ma ho l’impressione che sia solo una promessa elettorale.
E il civile? Il suo partito riuscirà a svincolarsi dagli interessi criminali che l’hanno sostenuto durante la sua campagna elettorale? Come intende combattere il narcotraffico e riformare lo status quo? Sono convinto che se vincesse le elezioni aumenterà la corruzione e dilapiderà le risorse dello Stato con manovre populiste. Ha promesso di aumentare lo stipendio a tutti gli impiegati statali, ma dove troverà i soldi? Il Paese non ha risorse sufficienti per questo tipo di iniziative.

Come si spiega il tracollo di Rigoberta Menchú?
Rigoberta è una donna molto intelligente e abile politicamente, ma il suo partito non è ben organizzato a livello locale e non riesce a coinvolgere gli strati più deboli della popolazione. Rigoberta, inoltre, non ha i fondi necessari per una campagna elettorale efficace. Il sistema propone regole del gioco alle quali non può sottostare: in un dibattito Tv non ha espresso la sua vera anima libera e creativa perché non sa usare il mezzo televisivo. Ora il suo appoggio a Baldizón la fa sembrare un’opportunista.

Qual è (se c’è) l’impegno delle comunità indigene in queste elezioni?
Le comunità indigene non hanno fatto fronte comune in queste elezioni, i vari leader si sono espressi a favore di diversi partiti. Questo è stato nefasto per gli indigeni perché i capi locali hanno dato sostegno a chi offriva «regali» migliori (vettovaglie e oggetti vari di uso quotidiano). Il partito migliore, per loro, è quello che offre doni migliori. Ciò nonostante, ci sono molte lotte per i diritti civili portate avanti dagli indigeni in tutto il paese, anche se frammentate e disorganizzate.

La Chiesa ufficiale ha espresso una preferenza per uno dei due candidati?
I vescovi non hanno espresso nessuna preferenza. La Chiesa non vuole avere niente a che fare con le lotte tra partiti. L’arcivescovo di Città del Guatemala, Óscar Julio Vian Morales, è a favore della scheda bianca in segno di protesta verso il sistema corrotto. Questo tipo di protesta non ha riscosso molto successo nel primo turno dell’11 settembre, ma potrebbe allargarsi all’interno del movimento degli indignados. La maggior parte dei vescovi che conosco ritiene che entrambi i candidati non siano adeguati, ma non so se si esprimeranno per il voto nullo, che potrebbe essere visto sia come forma di protesta, sia come disincentivo alla partecipazione democratica.

Michele Ambrosini e Stefano Ciardi


© FCSF – Popoli