Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Primo piano
Cerca in Primo Piano
 
India: ancora mistero sulle bombe nel santuario buddhista
27 agosto 2013

Il 7 luglio una decina di esplosioni hanno sconvolto uno dei maggiori centri di pellegrinaggio del mondo buddhista, il tempio di Bodhgaya, a un centinaio di chilometri da Patna nello Stato indiano del Bihar. Il luogo custodisce l’albero della bodhi (illuminazione), un fico sacro sotto il quale, secondo la tradizione, Siddhartha Gautama ricevette l'illuminazione mentre stava meditando. Il tipo di esplosivo usato nell’attentato poteva provocare una strage, anche se fortunatamente non ci sono stati morti e solo due monaci sono rimasti feriti.

Il 18 agosto le indagini delle autorità indiane hanno portato all'arresto di Abdul Karim Tunda, esponente di spicco del gruppo terroristico di matrice islamica Lashkar-e-Taiba (LeT), attivo soprattutto in Kashmir e in Pakistan. Questo confermerebbe la pista musulmana, secondo cui le bombe di Bodhgaya sarebbero state fatte esplodere per ritorsione contro le violenze e le discriminazioni che la minoranza musulmana dei rohingya subisce in Birmania. Il buddhismo birmano è strettamente legato a questo tempio indiano e molti monaci del Myanmar vi si recano per studiare. Inoltre, secondo quanto riporta il Times of India, Tunda avrebbe ammesso legami con leader rohingya, anche per reclutare nuovi aderenti al gruppo armato LeT.

Gli attentati hanno destato preoccupazione in tutta l'India e anche in Nepal dove sono stati messi in sicurezza alcuni luoghi sacri legati alla vita del Buddha. Ma la pista islamica non è stata l’unica seguita in queste complesse indagini perché i sospetti si sono concentrati anche sull’estremismo hindu. 
Come spiega a Popoli.info Jose Kariakatt, gesuita indiano e direttore del Centro Jeevan Sangham, che ha sede a Bodhgaya, gli investigatori non hanno tralasciato altre ipotesi. I sospetti si sono andati anche verso un gruppo fondamentalista hindu, Bajrangdal, che in giugno ha tenuto un campo di addestramento di una settimana in un ashram vicino al tempio buddhista. In passato si erano verificati incidenti simili nei luoghi dove questi attivisti si radunavano. «Questo attacco è stato davvero sorprendente per tutti noi, perché a Bodhgaya non era mai accaduto nulla di simile - spiega padre Kariakatt -. La situazione religiosa nella zona è molto armoniosa. La coesistenza di diverse fedi dura da secoli senza tensioni. Accade spesso che sotto l'albero della bodhi si svolgano momenti interreligiosi di preghiera».

Se la matrice dell’attentato fosse hindu, l'obiettivo sarebbe interno, cioè di attacco al governo locale del Bihar, retto da Nitish Kumar, primo ministro del partito Janata Dal, laico e di centrosinistra, inviso alla destra religiosa estremista.
L’arresto di Arup Brahmachari, un sacerdote induista, il 14 agosto da parte dell’agenzia antiterrorismo indiana, è sembrato confermare questa pista. Ma gli ultimi sviluppi sembrano dare un'ulteriore svolta.

Francesco Pistocchini

 

© FCSF – Popoli