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L'Onu: in Eritrea violati i diritti umani
24/06/2014
Le Nazioni Unite puntano il dito contro l’Eritrea accusandola di pesanti violazioni dei diritti umani nei confronti dei giovani. Un rapporto scritto da Sheila B. Keetharuth, inviata speciale dell’Onu, e reso pubblico la scorsa settimana, si concentra in modo particolare sulla leva militare. Reso obbligatorio nel 1995, subito dopo l’indipendenza del Paese dall’Etiopia, il servizio nazionale, come viene chiamato nel Paese, si è trasformato in una coscrizione a tempo indeterminato. I ragazzi e le ragazze vengono arruolati a 17 ann) e sono impiegati sia in attività militari sia in quelle civili (piani di rimboschimento, costruzioni di infrastrutture, ecc.). La leva inizialmente era di pochi mesi, nel tempo, però, si è progressivamente allungata (con la scusa della minaccia incombente di un conflitto con l’Etiopia) e attualmente è diventata un servizio militare «a tempo indeterminato».

Durante il servizio però i giovani sarebbero vittime di torture, abusi sessuali, percosse continue. A subirle sono in modo particolare le donne. Ai militari, nonostante la propaganda governativa dica il contrario, è poi impedito di continuare gli studi. Molti cercano di sottrarsi agli obblighi. Ma squadre di poliziotti militari effettuano ronde continue nelle città e in campagna. Fanno sopralluoghi nelle scuole, nelle officine, ma anche nelle piazze principali e conducono retate nei confronti dei ragazzi in età di leva. I poliziotti hanno l’ordine di sparare a vista a chi tenti di fuggire.

Nonostante il rischio concreto di essere uccisi o torturati, molti ragazzi cercano di scappare. L’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati stima che almeno duemila eritrei cerchino ogni mese di lasciare il Paese. Tanto è vero che si è creata un’articolata rete di persone che aiutano questi ragazzi a lasciare l’Eritrea dietro il pagamento di ingenti somme di denaro. In questo lucroso traffico sarebbero coinvolti anche numerosi ufficiali delle forze armate. Chi riesce a fuggire da questo inferno, si incammina lungo quelle rotte che attraversano il Sahara e il Mediterraneo e portano verso le coste meridionali dell’Europa. Decine di essi muoiono durante il tragitto come ha dimostrato, tra gli altri, il naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa nel quale morirono più di trecento eritrei.

Di fronte a queste dichiarazioni molto dure e alle continue fughe, il governo di Asmara ha negato violazioni dei diritti umani e l’esistenza di un esodo. Anzi, per rilanciare la propria immagine, ha deciso di organizzare dal 4 al 6 luglio a Bologna un grande «Festival eritreo». Si tratta di un’iniziativa di propaganda e l’opposizione eritrea in Italia ha chiesto alla Regione Emilia Romagna e al Comune di Bologna di revocare le autorizzazioni alla manifestazione e di non dare alcun sostegno al governo eritreo. E per sostenere la sua richiesta ha lanciato una petizione. Chi fosse interessato può firmarla cliccando qui.
Enrico Casale
Thinking Faith
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