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"Mare deserto": il documentario che accusa la Nato
19 marzo 2012

Un gommone carico di migranti sta solcando il Canale di Sicilia, direzione Lampedusa. Alle spalle si lascia Tripoli e l’intervento militare della Nato contro Gheddafi, appena iniziato, nel marzo 2011. A bordo sono in 72. Tra loro, una ventina di donne e due bambini. Vengono da Nigeria, Ghana, Sudan, Eritrea e soprattutto Etiopia. Improvvisamente diventano «fantasmi». Nessuno li vede. O nessuno, forse, li vuole vedere.

Eppure vengono avvistati. Il Mediterraneo in quel momento pullula di navi da guerra della Nato, aerei, elicotteri. Sarà proprio un elicottero militare a gettare loro qualche bottiglia d’acqua. Poi non farà ritorno. Per due settimane il barcone resta alla deriva. Moriranno in 63. Un’inchiesta della Radiotelevisione Svizzera ha raccolto le testimonianze dei 9 sopravvissuti. Non solo. Ha obbligato la Nato ad ammettere di aver ricevuto l’allerta lanciata dalla Guardia costiera italiana, che chiedeva di segnalare l’avvistamento del gommone. La Nato per mesi aveva invece negato qualsiasi coinvolgimento.

Mare deserto, questo il titolo del reportage firmato da Emiliano Bos e Paul Nicol, attraverso documenti e testimonianze ha costretto i vertici dell’Alleanza Atlantica ad ammettere che qualcuno sapeva. Ma non intervenne. Quel gommone, dunque, non era affatto «invisibile».

Sull’assurda morte di questi migranti ha condotto un’inchiesta anche l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che sarà presentata alla fine di marzo. Per far luce su queste morti, ma anche sugli altri 2mila migranti scomparsi nel Mediterraneo mentre fuggivano dalla guerra in Libia.

Un anno fa, la Nato intervenne contro Gheddafi. Il mandato dell’Onu prevedeva esplicitamente la «protezione dei civili» in Libia. Ma nessuno ha protetto i civili in mare, che da quel conflitto stavano cercando di scappare.

Clicca qui per vedere il documentario.

© FCSF – Popoli