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Nicaragua, il grande bluff di Ortega
9 novembre 2011

Una vittoria fraudolenta, su cui l’Unione Europea ha sollevato perplessità, una politica populista sostenuta solo dai petrodollari di Chávez, l’alleanza con il grande capitale e la strumentalizzazione dei valori cristiani: in questa conversazione con Popoli.info la spietata analisi di María López Vigil, caporedattrice di Envío, rivista dell’Università dei gesuiti di Managua (Universidad Centroamericana, Uca) sulle elezioni nicaraguensi che domenica hanno confermato al potere Daniel Ortega.

Ha vinto il candidato migliore per il presente e il futuro del Nicaragua?
In realtà non ha vinto nessuno, né Daniel Ortega né Fabio Gadea, che rappresentava l’unica vera alternativa di opposizione, visto che gli altri candidati erano complici di Ortega. Le irregolarità, le anomalie, le manovre fraudolente, gli imbrogli spudorati commessi praticamente in tutti i seggi (quasi 13mila in tutto il Paese) impediscono di sapere quale fosse veramente la volontà popolare.
Quella che conosciamo è la volontà del Consiglio elettorale supremo, che da anni è completamente controllato dal partito di governo, che ha scrupolosamente organizzato questo processo fraudolento, e che è responsabile anche della ben documentata frode delle elezioni municipali del 2008.
Il Consiglio ha dato la vittoria, con il 62% dei voti, a Daniel Ortega. Con una «vittoria» così chiaramente offuscata da una frode di proporzioni inaudite, il candidato Ortega è stato rieletto in condizioni di altissima illegittimità e questo preannuncia un futuro conflittuale e pericoloso per il Nicaragua.
In questo senso non è certo il candidato «migliore». I dati di Alianza Pli, appoggiata in modo significativo dal Movimiento Renovador Sandinista, che ha candidato Gadea, sono ancora incompleti, e sicuramente, date le dimensioni della frode, sarà impossibile arrivare a conoscere il vero dato nazionale, ma l’impressione è che si sia vicini a un pareggio.


La moglie di Ortega, Rosario Murillo - probabile candidata nel 2016 - ha dichiarato: «E' una vittoria del cristianesimo, del socialismo e della solidarietà». Come commenta queste parole?
Il settimo dei dieci comandamenti dice: «Non rubare». Non è cristiano rubare. Non lo è nemmeno comprare la coscienza delle persone più povere scambiandola con beni materiali, come il partito di governo ha fatto durante la campagna elettorale con le migliaia di persone che vivono nell’indigenza o in povertà critica. Non è cristiano nemmeno cercare di imporre un pensiero unico. Gesù di Nazareth ci ha insegnato ad alleviare la sofferenza altrui rispettando la dignità di coloro che soffrono. E ci ha insegnato anche a denunciare gli abusi del potere quando agisce imponendosi a qualunque costo.
Quanto al socialismo, in questi cinque anni Ortega ha stretto alleanze con i ricchi più ricchi del Nicaragua: il grande capitale e il Fondo monetario internazionale sono i suoi principali alleati. Questo è socialismo?


Gli osservatori internazionali parlano di «anomalie» nel voto e casi in cui il loro lavoro è stato ostacolato. Dalle fonti di cui disponete può aggiungere qualche cosa?
Ci sono stati due gruppi di osservatori internazionali: la missione dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) e quella dell’Unione europea. Nella giornata delle elezioni, alcuni rappresentanti dell’una come dell’altra hanno avuto difficoltà ad accedere ad alcuni seggi e sono stati insultati come colpevoli di «ingerenza».
Dall’Osa non ci aspettiamo nulla. Già il giorno dopo le elezioni il segretario generale dell’Osa, José Miguel Insulza, si è congratulato con Ortega e ha parlato di un processo pacifico. Pare che ci vogliano dei morti perché si preoccupino e che la sistematica alterazione e violazione della legalità e i brogli elettorali li preoccupino meno.
La posizione dell’Unione Europea è stata diversa: più precisa, coraggiosa e anche rischiosa. I portavoce del governo l’hanno definita «provocatoria» e «offensiva». Luis Yáñez, capo della missione europea, ha parlato martedì a mezzogiorno e ha presentato il rapporto preliminare. Ha elencato in modo efficace le innumerevoli irregolarità del processo e della giornata elettorale, del sistema elettorale e persino del magistrato che presiede la commissione elettorale. È un documento dettagliato e importante. Comprendiamo che nel linguaggio diplomatico non si possa parlare di frode, però resta chiaro che Ortega ha vinto con mezzi poco trasparenti.
Considerando che i membri della missione non sono nicaraguensi e che erano arrivati nel Paese solo da due settimane, e conoscendo gli interessi economici che alcuni Paesi europei, soprattutto la Spagna, hanno in Nicaragua, apprezziamo ancora di più questo primo e significativo pronunciamento dell’Ue. Quello definitivo arriverà a gennaio. La parola determinante per delegittimare la «vittoria» di Ortega potrebbe però arrivare dagli Stati Uniti, a cui non è stato permesso alcun tipo di osservazione.

Ortega è stato uno dei protagonisti della resistenza contro l’ex dittatore Somoza nel 1979 e in Europa molti lo vedono ancora come un eroe della rivoluzione sandinista. Cosa è cambiato in questi trent’anni nel modo di fare politica, suo e dei sandinisti?
La risposta a questa domanda richiederebbe un trattato di storia recente. Sintetizzando: Daniel Ortega ha snaturato tutti, dal primo all’ultimo, i principi del Fronte sandinista, a cui apparteneva. Non ha un’etica, non ha altro progetto se non la sua perpetuazione al potere, ha atteggiamenti messianici, è il tipico caudillo latinoamericano; non è sandinista, il suo progetto è solo orteguista. Da questi cinque anni di governo, la sua numerosa famiglia si sta arricchendo con la milionaria cooperazione venezuelana, che sta arricchendo anche il gruppo dirigente dell’Fsln. Le briciole della cooperazione venezuelana arrivano ai più bisognosi, elargiti come favori di cui la gente lo ringrazia. Il suo progetto è escludente: o con lui o contro di lui. È un progetto politico che sta polarizzando il Nicaragua e che presto o tardi andrà a finire male.

Come valutare l’amicizia strategica, anche dal punto di vista economico, tra Daniel Ortega e Hugo Chavez?
Per Chávez, il Nicaragua è uno spazio geostrategico dell’America centrale. Per Ortega, Chávez e i suoi petrodollari hanno rappresentato la possibilità di consolidare il proprio progetto politico: la cooperazione venezuelana lo arricchisce personalmente e in più gli permette di finanziare vari progetti assistenzialisti-clientelari per i più poveri. Le esportazioni verso il Venezuela (carne, latte, caffè) stanno arricchendo l’oligarchia nicaraguense, che tradizionalmente ha controllato queste industrie. È chiaro a tutti i nicaraguensi, compresi gli orteguisti, che se Chávez scomparisse Daniel Ortega avrebbe immediatamente gravi problemi, perché il malcontento sociale emergerebbe con forza e non ci sarebbero palliativi venezuelani per metterlo a tacere. Comparirebbe allora con più durezza la mano dittatoriale che fino ad ora è stata usata soltanto con gli oppositori.

In una lettera del 7 ottobre, firmata da tutti i vescovi del Nicaragua, si esprimeva un forte disappunto per la mancanza di sincerità dei leader e per la violenza riscontrata in certi momenti della campagna elettorale. Dopo la vittoria di Ortega come si porrà la Chiesa ufficiale nei confronti del governo?
Siamo in attesa che la Conferenza episcopale si pronunci e dia qualche indicazione riguardo al fraudolento processo elettorale che si è appena concluso. Nel novembre 2008, quando ci furono i brogli nelle elezioni municipali, i vescovi del Nicaragua furono i primi a denunciare quelle irregolarità, che ora paiono molto piccole in confronto a quelle cui abbiamo assistito questa volta.

Stefano Ciardi

© FCSF – Popoli
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