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No alla base navale in Sud Corea: arrestato un secondo gesuita
19 novembre 2012
Lo scorso aprile i media avevano riferito che un gesuita, padre Joseph Kim Chong-uk, era stato arrestato e incarcerato per essersi opposto ai lavori di costruzione di una base navale sull'Isola di Jeju, nella Corea del Sud (vedi approfondimento). Padre Kim nel frattempo è stato rilasciato ma pochi giorni fa è stato arrestato un secondo gesuita, John Lee Young-chan.
Come ha confermato l'Ufficio informazioni della Curia generalizia della Compagnia di Gesù, padre Lee è stato arrestato dalla polizia il 24 ottobre, insieme ad altri cinque attivisti per la pace. Aveva protestato con gli agenti per l'uso eccessivo della forza nell'arresto di una donna che manifestava, e dopo averlo malmenato la polizia ha sostenuto che la sua resistenza corrispondeva all'uso della violenza. Il 26 ottobre il tribunale ha confermato l'arresto e padre Lee è stato imprigionato senza cauzione in attesa del processo.
La grande maggioranza dei residenti vicino al cantiere del Gangjeong Village si oppongono al progetto non solo perché sconvolge la loro vita, ma perché distrugge l'idea stessa che Jeju sia e debba rimanere un'isola di pace. Il governo prima ha manipolato un piccolo numero di residenti affinché si mostrassero favorevoli all'approvazione del progetto, poi ha proseguito illegalmente nella costruzione, facendo credere alla gente che non si trattava di una base navale ma di un porto per promuovere il turismo.
Molti attivisti, compresi i gesuiti e altri sacerdoti e religiosi, sono convinti che la base navale farà salire la tensione militare nell'Asia nordorientale. Per questo stanno sostenendo la popolazione locale nel suo sforzo per ostacolarne la costruzione. Il comitato Giustizia e Pace della Conferenza episcopale della Corea, la Provincia coreana della Compagnia di Gesù e altri organismi si sono espresse pubblicamente a favore di padre Lee.
© FCSF – Popoli