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Reclusi, non soli
20 novembre 2012
Chi ha avuto anche una sola volta l’opportunità di visitare un carcere ha certamente conservato, come esito di quell’esperienza, la sensazione di essere entrato in contatto con una dimensione della condizione umana che ha dell’assurdo e dell’incomprensibile, al di là del sentimento di compassione che può scaturire nello scoprire come vivono, in Italia, circa 70mila persone.

La prima reazione assomiglia a un improvviso pugno nello stomaco, che lascia un po’ storditi. Si comincia così a leggere qualche testo e qualche testimonianza, si prendono i primi contatti con qualche associazione culturale o di volontariato, se ne parla con chi ci vive accanto. In sostanza si comprende che da alcune esperienze, come quella di visitare un carcere, non si torna indietro: queste cambiano la prospettiva con cui guardiamo alla nostra e all’altrui esistenza, ci impongono una virata, fosse anche solo quella verso una diversa consapevolezza sui destini umani e le loro implicazioni.
Chi da molti anni svolge un’attività di volontariato dentro il carcere vive la paradossale esperienza di sentirsi sempre meno preparato e capace di trovare risposte efficaci via via che si inoltra nella complessa macchina della giustizia. Tutto questo accade perché le problematiche, le implicazioni e i riflessi di quanto avviene intorno al mondo della detenzione investono più ambiti, da quello giuridico a quello sociologico, da quello psicologico a quello economico. Servono competenze plurime, una capacità di sintesi e di tessere relazioni e collegamenti.

Sul territorio italiano, soprattutto in questi ultimi anni, sono nate numerose realtà associative di volontariato e cooperative, che operano dentro le carceri, a favore dei detenuti, e fuori, per gli ex reclusi.
Questo attivismo di una fetta significativa della società civile, unita al lavoro di chi fornisce un’informazione attenta e documentata, sta acquisendo un peso specifico crescente nella denuncia di violazioni dei diritti umani, nell’elaborazione di proposte di legge, nello sviluppo di una riflessione culturale.

Anche all’interno del Jesuit Social Network, ci sono molte realtà impegnate dentro le carceri italiane: esse propongono iniziative varie e significative che vale la pena far conoscere e potenziare, arricchire e consolidare.
Risulta emblematico come le difficoltà nel rapportarsi con le istituzioni, nell’avviare e sostenere iniziative o promuovere attività dentro il carcere, siano le medesime e accomunino le varie realtà, dal Nord al Sud del Paese. Si sperimenta anche, in positivo, la comunanza di linguaggi, sensibilità e orientamenti. Da qui è nata l’esigenza di fare il punto su questo patrimonio di azioni, riflessioni e progetti, creando un coordinamento a livello nazionale in cui far convergere le varie esperienze locali.
L’obiettivo che il coordinamento si propone è quello di partire dalla pedagogia ignaziana per offrire una chiave di lettura e di approccio al mondo del carcere, originale ed efficace, capace di esprimere una proposta che raccolga in sé una riflessione culturale, un’azione formativa per gli operatori e risposte concrete ai bisogni di chi vive la condizione di ristretto.
Paola Piazzi
Coordinamento carceri Jsn


L’IMPEGNO DEL JSN NELLE CARCERI ITALIANE

Numero di carceri in cui si svolgono attività: 18
Numero di volontari e operatori professionali: 380
Numero di utenti complessivamente assistiti: 7.800



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