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Scattare per cambiare
5 dicembre 2012
Un’anziana povera in un quartiere di periferia, Italia; otto giovani e un circo, Cambogia; tre uomini impegnati nel campo dei diritti, Afghanistan; molti bambini, ragazzi e intere famiglie in una cava, Burkina Faso.
Quattro storie che potrebbero tranquillamente rientrare tra le innumerevoli di cui non si saprà mai nulla. Storie che invece, grazie a Shoot4Change, vanno oltre l’effetto scenico e (mass)mediatico della catastrofe, dell’emergenza, dell’evento e raccontano il dopo, la continuità, la rinascita e la lotta quotidiana per lo sviluppo.

Grazie alla rete di fotografi che hanno aderito a questo progetto di sensibilizzazione, divulgazione, informazione, e se si vuole di educazione a una globalità dietro l’angolo, presente e sempre viva.
Shoot4Change ha la sua casa in shoot4change.net (gli scatti più belli dell’anno saranno anche visibili in una mostra che apre a Roma il 4 dicembre).  Pensato dal fotografo Antonio Amendola come un blog con il motto «Cambia il mondo un clic alla volta» e poi «Scatta locale, cambia globale», si è rapidamente trasformato in un movimento collettivo di fotografi (e non solo) uniti dal desiderio di raccontare storie che altri non avrebbero raccontato e che al pubblico non sarebbero arrivate, e provare ad aiutare chi è di fronte all’obiettivo.

Chi aderisce rende gratuitamente disponibili i frutti del proprio lavoro a individui o associazioni con finalità sociali e non profit che non possono sostenere il costo di servizi fotografici né accedere ai mezzi di comunicazione principali.
Il sostentamento al progetto è garantito da donazioni e dalla valorizzazione dei reportage: gli editori possono acquistare uno o più scatti per uso commerciale, e il pagamento sostiene sia i progetti sociali sia i costi sostenuti dal fotografo (anche Popoli ha pubblicato un reportage di Shoot4Change, nel numero di ottobre 2012).
È così che storie altrimenti destinate a restare sconosciute arrivano a molti, realizzando quel viaggio che porta ogni cittadino della rete non solo a sentire vicina la dimensione del globale, ma anche a seguire vicende dimenticate dai «grandi media», oltre che in certi casi persino a contribuire a risolverle.

Come è successo con l’Emilia, dopo il terremoto. In questo caso Shoot4Change ha generato Shoot4Emilia, con una «chiamata alle armi fotografiche» che è diventata un invito collettivo a non lasciare che fossero solo l’emergenza e la distruzione a essere portate all’attenzione pubblica, ma anche l’impegno, il coraggio e la forza creativa della ricostruzione.
Accanto a fotografi professionisti si sono mossi netizen socialmente attivi, armati di Instagram - un applicativo per smartphone per fare foto dall’originale forma quadrata -, Pinterest - una bacheca web di condivisione aperta a tutti e gratuita - e blog, Twitter e Facebook.

Tutto connesso e rilanciato da shoot4change.net/s4emilia. Il bello di questa attivazione civile in rete è che ha contribuito alla ricostruzione reale, grazie alla partnership con Protezione civica (una rete di cittadini e strumenti al servizio dei volontari e della Protezione civile) e ai meccanismi di raccolta fondi associati all’iniziativa. Così, con Shoot4Emilia, l’Emilia del dopo terremoto è diventata un esempio di come l’idea di cambiare il mondo uno scatto alla volta può essere realizzata con la forza sociale e universale delle immagini, della partecipazione e dello spirito della rete.    
© FCSF – Popoli
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