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"Tiratevi i piatti, ma poi fate pace": il primo anno del Papa-farmacista
9/3/2014

Anticipiamo l'intervento che Giacomo Poretti, comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo e scrittore, terrà mercoledì prossimo, 12 marzo, nell'ambito dell'iniziativa "Un anno con Francesco", a Milano. Le firme di Popoli rileggono le "parole chiave" del primo anno del Papa gesuita. Appuntamento all'Auditorium San Fedele alle 20.45. Maggiori info

 

Per una persona che si occupa di comicità e ironia, Papa Francesco non può passare inosservato anche perché nel sorriso e negli atteggiamenti ricorda due grandissimi comici: Stan Lauren e Don Camillo.

Inoltre l’ironia è uno degli elementi più significativi di questo primo anno di pontificato: non si era mai visto un Papa che facesse sorridere i fedeli a raccolta per sentire i suoi discorsi: diciamo la verità spesso quando parla un Papa ci si atteggia con il corpo in una posa tutta contorta , braccia incrociate ed una mano a sostenere il mento pesante, con il volto che guarda a terra o in cielo, occhi chiusi e fronte corrugata, ed il pensiero dopo 45 secondi che il Pontefice parla si dirige verso i risultati della nostra squadra del cuore, il paraurti dell’auto ammaccata, le prossime vacanze estive; la concentrazione la si recupera poi, con manifesto sollievo, quando il Papa si accinge ad impartire la benedizione.

Papa Francesco è diverso. Una volta stava parlando della decrescita dei matrimoni, dei figli che, oltrepassati i trent’anni e pur anche fidanzati,  se ne stanno in casa e non si decidono a mettere su famiglia; ad un signora che gli chiedeva consiglio, Papa Francesco ha detto : «Smetta di stirarle le camicie» e giù  a ridere come se avesse parlato Woody Allen o Beppe Grillo.

Un’altra volta si è presentato alla solita finestra di domenica mattina ed alla fine dell’Angelus ha solennemente dichiarato «Voglio farvi un regalo», ha tirato fuori dalla tasca una scatolina di un farmaco e ha aggiunto «questa è una medicina che dovete prendere tre volte al giorno». Tutti hanno pensato al nuovo vaccino antinfluenzale, qualche prete con tutti i suoi assilli della parrocchia ha sperato in un rimedio per il riflusso gastro esofageo, le suore hanno creduto in un psicotonico che le facesse sentire meno marginali; i malati  si attendevano l’antibiotico contro ogni morbo, i vanitosi la crema per ritrovare la giovinezza in volto, i media in una pausa di sospensione attesero l’elisir dell’immortalità.

Insomma tutti noi abbiamo atteso la pillola che una volta inghiottita ci avrebbe guarito da i nostri malanni fisicie mentali. Invece il Pontefice farmacista, quella volta fece uno scherzo: dentro alla scatola c’era un rosario.

Poi è strano, ti telefona alle sette del mattino « Buongiorno sono il Papa». Chissà quanti l’hanno mandato a quel paese. Si perché lui è fatto così: quando si annoia, li negli infiniti corridoi del Vaticano, si fa dare le pagine gialle, apre a caso sceglie un numero e comincia a telefonare. Si vede proprio che gli piace la gente, che gli piace stare in compagnia: guardate le foto, mica si sottrae alla moda del selfie, anzi si è fatto fare più foto lui con i suoi fedeli che I Rolling Stones e Lady Gaga con tutti i loro fans.

Ma vorrei soffermarmi su una frase che il Papa ha pronunciato una volta mentre stava parlando dell’importanza del matrimonio con dei giovani sposi, ad un certo punto a detto così, testuali parole: «Litigate quanto volete. Se volano i piatti, lasciateli volare. Ma mai finire la giornata senza fare la pace! Mai!».

Uno che parla così deve averne di esperienza, non di matrimoni intendo, anche se il Papa ha confessato di aver avuto da giovane una fidanzatina, ma da quello che ho capito io non deve essere stata una relazione tanto lunga da arrivare a tirarsi i piatti. Intendevo dire che il Papa deve aver intuito profondamente quanto sia importante per l’essere umano l’attività del litigio.

E' talmente importante litigare per l’uomo che lo fa anche quando non c'è un motivo concreto, addirittura l’uomo è così abile da crearsi ad arte le condizioni interiori per fare una bella litigata:come racconta quella bellissima storiella in cui c’è un signore che sta per farsi una limonata ma si accorge di aver terminato i limoni, allora decide di andare a chiederne uno dal vicino. Arriva davanti alla porta si ferma e pensa «magari è tardi e disturbo» torna indietro e poi ci ripensa  «sono appena le 21, mica dormirà a quest’ora» sta per suonare il campanello e gli viene un pensiero «però l’ultima volta che ci siamo incontrati non è che mi ha salutato molto volentieri» decide di rinunciare al limone, ma la sete è tanta, ritorna indietro suona il campanello, il vicino esce e dice «Buonasera, mi dica», «Ma vai a cagare te e il tuo limone».

Evidentemente avere voglia di litigare deve essere una delle esigenze primarie per il genere umano. Ma ci sono state ere, millenni in cui l'uomo non sapeva cosa fosse il litigio. Oramai la scienza lo ha dimostrato: l’uomo è un animale mansueto, pacifico: è incontrando la donna che inizia a litigare. L’uomo che vive da solo è una strana forma di vita destinata probabilmente all’autodistruzione. L’uomo da solo si abbruttisce, non va a fare la spesa, non lava i piatti, non cambia i calzini, si addormenta con la tv accesa. L’uomo da solo rende la zona circostante il proprio water più pericolosa del più pericoloso terreno di guerra: batteri più grossi di un cocker e più agguerriti di un dobermann, per essere sconfitti anziché il Cif ammoniacal richiederebbero missili terra-aria all’uranio arricchito. L’uomo che vive da solo può rendere inagibile il bagno e la cucina, ma non litiga.

L'uomo la prima volta che ha visto la donna ha pensato: «carina, quasi quasi la invito a cena così poi mi lava i piatti e mi bonifica il bagno». La donna la prima volta che ha visto l'uomo ha pensato: «Caro il mio belloccio è finita la cuccagna, adesso ti raddrizzo io». Il primo invito a cena di una donna da parte di un uomo coincide con la fine del paradiso terrestre. Da li in avanti la storia dell'umanità è caratterizzata da un dissidio apparentemente insanabile praticamente su tutto.

Però la prima cena è memorabile, come si è gentili, tutto idilliaco, come si è tolleranti e falsi. La mia è andata grossomodo così: «Io faccio la dieta dissociata» disse lei. «Veramente? anch’io sai!». «E sono anche astemia». «Anch’io. E non mangio dolci» «Figuriamoci!» ed il cameriere ha aggiunto: «Ma perché non siete andati alla mensa della Caritas…».
I primi mesi del matrimonio passano indenni, anzi ci si stupisce che con la persona che vive con noi possa filare tutto liscio, tutto è perdonabile, tutto si svolge all'insegna della gentilezza, e tutto sembra appianabile anche nell'eventualità del sopraggiungere di uno screzio.

Ma, anche se è complicato, alla fine ci si riesce a litigare. La prima certezza che acquisiamo litigando è che è sempre colpa dell'altro, la seconda è che l'altro comportandosi nel modo che ci ha fatto arrabbiare ci ha delusi profondamente, e per la prima volta da quando siamo sposati facciamo una scoperta terribile: che la nostra sposa, il nostro sposo, non è quell'essere speciale senza difetti che sognavamo ed immaginavamo, ed ora invece di una moglie o di un marito fallato non sappiamo che farcene, la tentazione sarebbe quella di sostituirlo.

Ma, come ci ricorda il Papa, è fare la pace che è veramente difficile, perché dal profondo della sua saggezza è come se volesse suggerirci che alla fin fine siamo tutti un po’ fallati e se fossimo onesti dovremmo ammettere che un pochino tutti saremmo da rottamare; e allora un gesto di gentilezza, un ammissione di scuse, può rimettere tutto a posto, ed insieme si potrebbe raccogliere i piatti ed aggiustarli con l’attack e qualche sorriso. Non possiamo fare a meno di litigare, ma anche di volerci bene.

Ma quante ne sa questo Papa farmacista!

Giacomo Poretti

© FCSF – Popoli