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Zimbabwe, Mugabe dopo Mugabe
3 settembre 2013
«Mugabe non ha vinto le elezioni. Il suo successo è legato a manovre, frodi, menzogne, manipolazioni. Non è cambiato molto rispetto al 2008, eccetto il fatto che Mugabe è stato più bravo a nascondere le sue malefatte, anche se erano ugualmente abbastanza chiare».
Oskar Wermter, gesuita tedesco che da anni vive in Zimbabwe dove è diventato un attento osservatore delle dinamiche politiche e sociali del Paese, non potrebbe essere più esplicito e tagliente nella sua analisi. A suo parere le elezioni che si sono tenute il 31 luglio non possono essere considerate «libere» e, confermando al potere il presidente Robert Mugabe (che ha ottenuto il 60,87% dei consensi contro il 34% del suo principale rivale Morgan Tsvangirai), rischiano di trascinare il Paese in una nuova crisi politica ed economica.
«L’unica cosa positiva - continua padre Wermter interpellato da Popoli.info - è che c’è stata meno violenza. Un obiettivo per il quale, come Chiesa, abbiamo lavorato. Una delegazione della conferenza dei vescovi dell’Africa meridionale ha incontrato Mugabe all’inizio del 2013. La delegazione ha poi incontrato altri capi di Stato della regione per sollecitarli a utilizzare la loro influenza per arrestare la violenza in Zimbabwe».

Le elezioni sono quindi state truccate?

Sì, i registri dei votanti erano vecchi e pieni di «cadaveri». A molte persone, sospettate di essere oppositori politici, è stato impedito di registrarsi, soprattutto i giovani che votavano per la prima volta. Molti elettori non hanno potuto votare perché i loro nomi non erano stati inseriti negli appositi registri anche se si erano iscritti al voto. Tutte cose che ho potuto constatare di persona, in quanto osservatore elettorale insieme ad alcuni colleghi della Conferenza episcopale (la Commissione giustizia e pace dello Zimbabwe ha infatti schierato in tutto il Paese 2.700 osservatori). La commissione elettorale ha stampato troppe schede elettorali. Si presume che queste schede fossero pre-votate, ovviamente per lo Zanu-Pf, e siano state aggiunte a quelle autentiche nelle urne. Una società israeliana, composta da ex agenti del Mossad, ha aiutato il governo in queste azioni di manipolazione.

Quindi il governo di grande coalizione è finito?
Il governo di grande coalizione che ha retto il Paese negli ultimi anni non ha futuro. Mugabe ha intenzione di governare da solo. Il partito di opposizione (Mdc) ha perso potere e influenza. È possibile che Mugabe possa chiamare alcuni membri dell’Mdc al governo, ma solo per impedire che essi operino come oppositori indipendenti. Mugabe è abile nel mettere in campo trucchi e trucchetti di bassa politica. Ha sconvolto gli elettori dell’Mdc di Harare e Bulawayo dicendo loro che non avrebbero dovuto rivolgersi al suo governo per lamentele o rivendicazioni: «Avete votato Mdc, allora andate a lamentarvi dall’Mdc. Non aspettatevi che vi aiuti». In altre parole, Mugabe non si sente responsabile per l’intera nazione e per tutti i cittadini, ma solo per i suoi supporter. Per lui lo Zanu-Pf e il governo sono la stessa cosa. Non ha un’idea di «bene comune» che dovrebbe promuovere in quanto capo di Stato e di governo.

Mugabe ha 89 anni. Come si sta preparando la sua successione?
Mugabe tiene saldamente il potere perché sa che senza di lui il partito si disintegrerebbe. Ci sono lotte fra la fazione di Emmerson Munangagwa e quella di Joyce Mujuru. Nel caso Mugabe morisse è probabile che interverrebbero le forze armate che sono scontente di come viene portata avanti la politica nel Paese.

Quale ruolo possono giocare nella crisi Stati Uniti, Gran Bretagna e Sudafrica?
Stati Uniti e Gran Bretagna hanno un’influenza limitata. Mugabe da anni li attacca nei suoi discorsi, minacciando di confiscare loro proprietà, società, banche che operano in Zimbabwe (scoraggiando così gli investimenti esteri e peggiorando il tasso di disoccupazione che attualmente si aggira sull’80%). Discorso diverso per il Sudafrica. Pretoria ha molta influenza su Harare. Il Sudafrica però non osa prendere provvedimenti forti contro lo Zimbabwe anche se la disastrata economia zimbabwiana continua a riversare emigrati in Sudafrica, Paese che vive anch’esso problemi di disoccupazione. Anc e Zanu-Pf nascono entrambi come movimenti di liberazione e condividono la stessa ideologia nazionalista. Così cercano di non danneggiarsi reciprocamente.

Come giocano le divisioni etniche nella politica zimbabwiana?
La contrapposizione tra le etnie shona e ndebele influenza la politica. Le due correnti dell’Mdc che si sono confrontate nelle elezioni sono divise perché una, basata a Bulawayo, rappresenta gli interessi degli ndebele e l’altra quelli degli shona. Anche Mugabe deve preservare gli equilibri etnici nel suo partito.

Come può essere descritta l’attuale situazione economica zimbabwiana?
Il sistema economico è ancora in crisi e il Paese sopravvive grazie all’adozione del dollaro Usa come moneta e alle rimesse degli emigranti. I settori agricolo e minerario sono attivi mentre il comparto manufatturiero è in via di totale smantellamento. Non ci sono più industrie attive, gli operai sono disoccupati, specialmente i più giovani, la maggior parte dei quali non ha mai lavorato.
Mugabe continua a scommettere sulla nazionalizzazione e la confisca delle aziende di proprietà dei bianchi. In sostanza, prende società produttive e le distrugge senza far partire nuove imprese. Alcuni fanatici dello Zanu-Pf propongono di tornare a una moneta nazionale e di confiscare le banche britanniche. Ma ciò riporterebbe l’inflazione ai livelli elevatissimi del 2008 e ciò spaventa molta gente. Mugabe non ha alcuna idea dei problemi economici che affliggono il suo Paese e sacrifica sempre l’economia ai suoi interessi politici. Ciò ha portato alla distruzione del sistema economico zimbabwiano negli ultimi vent’anni.
Molti giovani emigrano perché non credono nel nuovo governo. Ce ne sono migliaia in Sudafrica. Il mons. Ndlovu, arcivescovo di Harare in un recente viaggio in Sudafrica ha incontrato i cattolici zimbabwiani che si sono organizzati come Chiesa in esilio a Johannesburg.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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