Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Primo piano
Cerca in Primo Piano
 
Africa orientale, terra bruciata per i giornalisti
3 maggio 2013
Nessuna riduzione di pena. Eskinder Nega, giornalista etiope, dovrà scontare 18 anni di carcere con l’accusa di terrorismo. La corte suprema di Addis Abeba non gli ha fatto sconti e ha applicato alla lettera la controversa legge del 2008 che prevede pene durissime per chi minaccia la sicurezza dello Stato. Una legge che le associazioni per i diritti umani accusano essere stata utilizzata per reprimere ogni forma di dissenso e di libertà nel Paese. Gli avvocati di Nega hanno annunciato ricorso in Cassazione, ma senza speranza di ribaltare il verdetto.

Paradossalmente, la sentenza è stata pronunciata il 2 maggio alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa. Una ricorrenza probabilmente ignorata dai magistrati e dai politici etiopi. D’altra parte l’Etiopia, nella classifica della libertà di stampa 2013 stilata dall’associazione Reporter senza frontiere (Rsf), ricopre il 137° posto (su 179) perdendo una decina di posizioni rispetto al 2012. La legge antiterrorismo e le dure condizioni di detenzione dei giornalisti (che vengono reclusi in carceri di massima sicurezza) hanno pesato molto sul giudizio di Rsf.

Se l’Etiopia piange, gli altri Paesi dell’Africa orientale non ridono. L’Eritrea, tradizionale nemico dell’Etiopia, è relegata all’ultimo posto della classifica per il sesto anno consecutivo. Nel corso del 2012 nel piccolo Paese affacciato sul Mar Rosso non sono stati uccisi giornalisti, ma una trentina di loro sono in carcere. Ciò fa sì che l’Eritrea sia la più grande prigione per giornalisti in Africa. Dei 10 giornalisti incarcerati nel 2001, si sa che sette sono morti a causa delle terribili condizioni di vita delle prigioni eritree o perché si sono suicidati. Da quando, all’inizio degli anni Duemila, sono stati progressivamente chiusi i media indipendenti, non ci sono più mezzi di comunicazione liberi e autonomi dal regime di Isayas Afeworki.

Subito davanti all’Eritrea c’è la Somalia (175° posto). Il Paese sconvolto da una guerra civile che dura da 22 anni è uno dei teatri più pericolosi per gli operatori dell’informazione. Nel solo 2012 sono stati uccisi 18 giornalisti. Leggermente meno pericoloso è il Sudan (170° posto). Sebbene non ci siano stati omicidi, per i giornalisti la vita è molto difficile. Per tutto il 2012, la polizia ha infatti continuato ad arrestare blogger, commentatori, reporter e a chiudere le testate più scomode.
Anche il piccolo Gibuti (167° posto) non è il paradiso della libertà di informazione. Non solo non possiede, come l’Eritrea, alcun media indipendente, ma ha incarcerato il corrispondente de La voce di Gibuti,  sito di informazione all’estero.
L’Africa orientale è quindi off limits per i giornalisti. La vicenda di Eskinder Nega non è che il caso più eclatante.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
Tags
Aree tematiche
Aree geografiche