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Ajan, da dieci anni in lotta contro l'Aids
27 novembre 2012
Il 1° dicembre si celebra la Giornata mondiale contro l’Aids. Questa ricorrenza, già importante in sé perché pone all’attenzione globale un dramma che si consuma in silenzio, assume per Ajan (African Jesuit Aids Network) un significato particolare. Il network infatti è stato fondato dieci anni fa dai gesuiti africani per dirigere e coordinare l’impegno della Compagnia di Gesù contro l’Hiv-Aids. In questi anni ha sviluppato interventi sociali e pastorali per chi soffre e per chi si prende cura dei malati. Popoli.info ha intervistato Paterna A. Mombe, gesuita originario della Repubblica centrafricana, dal 2010 direttore di Ajan (www.jesuitaids.net). A lui abbiamo chiesto di fare il punto sull’attività del network dei gesuiti e sulla situazione dell’epidemia nell’Africa subsahariana.

Quali erano all’inizio gli obiettivi principali di Ajan? Negli anni come sono cambiate le priorità?
L’Ajan è stato fondato per coordinare l’impegno dei gesuiti nel continente contro l’Hiv-Aids sviluppando appropriati ministeri sociali e spirituali che siano radicati tra coloro che soffrono e siano di accompagnamento per chi si prende cura di loro. L’organizzazione, che ha sede a Nairobi (Kenya), cerca di promuovere la responsabilità personale e un’educazione basata sui valori della prevenzione. Partecipa inoltre alla lotta contro stigma e discriminazione. Nel 2011 ha riarticolato la sua visione secondo lo slogan: «Persone, famiglie e comunità più preparate che lavorano per una società libera da Hiv e Aids e per una pienezza di vita». Nel 2012 l’Ajan ha definito un quadro strategico con quattro priorità per guidare lo sviluppo della rete nei prossimi anni: a) «Eccellenza» nel ministero dei gesuiti contro l’Aids, b) arricchimento reciproco e condivisione, c) la difesa della dignità e dei diritti di coloro che serviamo, d) una rete meglio coordinata e più forte.
Mentre gli obiettivi dell’Ajan non sono cambiati, si può dire che le nostre priorità sono cambiate in linea con i rapidi cambiamenti della malattia e del modo di affrontarla. La risposta globale all’Hiv-Aids è stata veloce e di grande portata, con ammirevoli progressi medici e sforzi - purtroppo tardivi - per portare le terapie a quelli che ne hanno più bisogno nei Paesi più poveri del mondo. I progressi della medicina hanno fatto sì che l’Aids, da malattia mortale, diventasse cronica. Allo stesso tempo spaventa la prospettiva di dover trovare cure a vita per i milioni di persone che ne hanno bisogno, specialmente in tempi di crisi finanziaria globale e di tagli ai finanziamenti. Questi fattori hanno portato due nuove parole chiave nella lotta all’Aids: «integrare» programmi contro l’Aids in opere più ampie per lo sviluppo e, nel caso della Chiesa, in tutti gli ambiti del suo ministero pastorale; «autosostenibilità», sia dei progetti sia di chi noi serviamo. L’Ajan ha quindi fatto proprie queste priorità e sta lavorando intensamente in questi ambiti.

In quale ambiti specifici opera Ajan?
L’Aids tocca tutti i campi in cui siamo impegnati: le parrocchie, il settore sanitario, quello dell’educazione, dello sviluppo, dei servizi sociali e così via. Lo si può trovare in tutti i nostri ambiti apostolici e lo si può includere in tutte le nostre attività. I servizi offerti comprendono counselling pastorale, cure domiciliari, attività che generano reddito, sostegno educativo, medico, nutrizionale. Fondamentale, specialmente tra i più giovani, è la prevenzione dell’Hiv attraverso programmi educativi, prevenzione della trasmissione da madre a figlio, diffusione del test.
Nel corso delle loro attività, gesuiti e collaboratori sono chiamati anche a difendere la dignità e i diritti dei malati, che sono spesso minacciati da stigma sociale, discriminazione e mancanza delle cure, delle terapie e delle opportunità di cui hanno bisogno per poter vivere una vita piena.

I media insistono sui metodi medici/sanitari per combattere l’Aids (preservativo, farmaci, ecc.). Questo è sufficiente?
L’Ajan e i gesuiti che lavorano in questo ambito hanno una visione integrale nella lotta alla pandemia, che prende in considerazione l’intera persona. Michael Czerny, il primo direttore di Ajan, ha sintetizzato ciò in un’intervista del 2009 a Radio Vaticana: «Noi prendiamo seriamente tutti gli aspetti della persona umana, comprese le sue relazioni - personali, con la famiglia, la comunità, la cultura e la società - e il nostro approccio è di accompagnare le persone, giovani, adulti, coppie, orfani in tutte queste dimensioni.
Ad esempio, una persona che contrae l’Hiv molto probabilmente perderà il lavoro. La perdita del lavoro è in un certo senso un evento più tragico e drastico per la persona e per la sua famiglia che non il fatto di non prendere i farmaci. Le cure mediche aiutano, ma non poter lavorare a causa della discriminazione diventa una condanna a morte. Inoltre, l’Aids è una finestra che apre su tutti gli altri aspetti della vita in Africa. Le lotte contro l’Aids, contro la povertà, la violenza, diventano un’unica lotta e io credo che il nostro ministero contro nel campo dell’Aids sia un importante contributo per lo sviluppo e il futuro dell’Africa come continente, come insieme di popoli e culture». Ciò che l’Ajan ha fatto è integrare la lotta all’Aids nelle tipiche opere apostoliche della Compagnia di Gesù: parrocchie, scuole, spiritualità e centri di ricerca, istituzioni educative e di formazione. L’Hiv non è un’emergenza a parte, è una parte della vita, uno degli ostacoli della vita qui in Africa e noi vogliamo affrontare questo aspetto come affrontiamo gli altri aspetti significativi delle problematiche africane.

Quali sono i principali risultati delle vostre attività?
In ciascuna delle dieci province e regioni dei gesuiti in Africa, sono in corso programmi specifici. Il servizio dei gesuiti per l’Aids è piuttosto vario. Alcune iniziative sono progetti strutturati e creati specificamente per l’ambito dell’Hiv-Aids, mentre altri sono incorporati nelle opere dei gesuiti, dove avere a che fare con l’Aids è parte integrante della missione quotidiana, ad esempio nel ministero pastorale nelle parrocchie.
Così la lotta dei gesuiti contro l’Aids si dispiega in una molteplicità di modi nelle città come nelle aree rurali attraverso: centri per i giovani, parrocchie; cappelle universitarie; scuole primarie e secondarie, tra cui alcune istituite appositamente per orfani e bambini indifesi; ospedali e dispensari; organizzazioni sostenute dai gesuiti o gestite dalla Comunità di vita cristiana.
Progetti creati appositamente per la lotta all’Aids si trovano in molti Paesi, tra cui ad esempio in Burundi, Congo, Madagascar, Togo e Zimbabwe. I primi quattro organizzano attività di prevenzione e offrono servizi integrali a persone con l’Hiv, orfani e bambini indifesi ecc; in Zimbabwe i progetti sono più incentrati sulla prevenzione tra i giovani. Tutti i progetti, comunque, cercano di tutelare il diritto ad accedere alle terapie.

Quale collaborazione c’è con altre organizzazioni cattoliche e non cattoliche che si occupano della lotta all’Aids?
I gesuiti lavorano a stretto contatto con la Chiesa locale. Spesso vengono chiamati a condividere la loro competenza nella formazione di educatori, sacerdoti, capifamiglia. L’Ajan fa parte anche del Catholic Hiv and Aids Network.

I Paesi africani come combattono contro l’emergenza Aids?
Le nazioni africane si sono impegnate seriamente contro l’Aids, una minaccia che rischia di mettere serie ipoteche sulle future generazioni. In molti Stati sono stati creati programmi speciali per affrontare l’Aids presso i ministeri della Salute. Questi programmi sono il frutto di Piani strategici nazionali elaborati dai singoli governi. Purtroppo, spesso, sia i piani di intervento sia le linee strategiche non vengono realizzati perché la lotta all’Aids richiede fondi che spesso non ci sono. I governi e la società civile dipendono dall’aiuto dei donatori che però non sempre garantiscono le cifre necessarie.

Com’è cambiata la situazione in questi anni?
Le campagne contro l’Aids hanno dato buoni frutti. Abbiamo potuto notare una netta inversione di tendenza nella diffusione della patologia. L’impegno dei politici e dei religiosi nella lotta contro l’Aids ha accelerato il corso di questo cambiamento e le campagne per la diffusione dei farmaci antiretrovirali hanno dimostrato la loro efficacia. Tanto è vero che molte persone oggi vivono a lungo, sebbene abbiano contratto la malattia. Se nel 2001 20,5 milioni di persone vivevano con l’Hiv-Aids, nel 2011 il numero è salito a 23 milioni. Mentre i morti a causa del virus sono scesi da 1,4 milioni del 2001 al 1,2 milioni nel 2011.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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