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Centrafrica, pace a metà
2/9/2014
La situazione a Bangui sta lentamente tornando alla normalità, anche se ci sono sussulti di violenza in alcuni quartieri. A testimoniarlo alcuni religiosi che hanno scelto di continuare a vivere e a lavorare nella capitale della Repubblica centrafricana. La guerra civile tra le milizie Seleka, che il 24 marzo 2013 hanno costretto alla fuga il presidente François Bozizé, e quelle Anti-Balaka, che si oppongono a loro, è andata con il tempo incancrenendosi e si è trasformata in un conflitto tra le comunità islamiche e cristiane. Conflitto inspiegabile se si tiene conto che tra le comunità i rapporti sono sempre stati ottimi. A partire dalla fine del 2013, l’intervento delle truppe francesi con l’Operazione Sangaris a fianco di quelle africane della Misca (Missione internationale di sostegno al Centrafrica) ha portato a una graduale stabilizzazione della capitale. A partire da maggio all’Operazione Sangaris si è poi sostituita Eufor-Rca, la Forza dell’Unione europea in Centrafrica (alla quale partecipa anche un reparto del genio dell’esercito italiano) che sta provvedendo al disarmo delle fazioni in lotta. «Il vero problema - spiega un missionario a Popoli.info - è che le fazioni non vogliono consegnare le armi perché temono di essere attaccate dai gruppi avversari. Quindi, a volte, i tentativi di disarmo si trasformano in scontri tra i miliziani e le truppe delle missioni internazionali».

Se nella capitale, sebbene con qualche difficoltà, si sta riaffermando un po’ di ordine, nelle regioni settentrionali la situazione è ancora instabile. «Nelle ultime settimane - osserva la nostra fonte - si è parlato di oltre trenta morti a Mbrés, di decine, forse centinaia di morti, a Batangafo e a Ndélé. Sono cittadine situate nelle fascia Nord e Nord-Est del Paese, laddove la Seleka è più forte e maggioritaria. Quella parte del Paese che molti musulmani della Seleka vorrebbero separare dal resto del Centrafrica e rendere indipendente. Il vero problema è la paralisi dell’apparato politico. Dopo le dimissioni del premier e del consiglio dei ministri, è stato nominato a fine agosto un nuovo primo ministro. Si chiama Mahamat Kamoun, è un musulmano ed è stato consigliere di Michel Djotodia, il leader di Seleka. Ma proprio Seleka ha contestato la sua nomina e ha espulso dai suoi ranghi tre personalità che sono entrate nell’esecutivo».

Di fronte a questa crisi politico-militare, la Chiesa si è attivata per stare a fianco dei più poveri. La Caritas-Cvx aiuta numerose famiglie rimaste senza reddito e una trentina di bambini attraverso le adozioni a distanza. Sta poi prendendo il via un nuovo progetto per la ristrutturazione di alcune abitazioni di famiglie rifugiate affinché possano lasciare i campi profughi e possano rientrare a casa. «Le case abbandonate sono state saccheggiate - conclude la nostra fonte -. Non solo non c’è più nulla dentro, ma anche porte, finestre, travi e lamiere del tetto sono state portate via. Le piogge, che ora cadono abbondanti, hanno fatto crollare i muri in mattoni di terra seccata al sole. Sono case da ricostruire quasi interamente e la gente non ha i mezzi per questi lavori. Vorremmo dare una mano a qualche decina di famiglie, impegnando anche loro nei lavori, ristrutturando le loro case. Credo che sarebbe un bel servizio più che mai opportuno in questo momento, in cui la sicurezza progredisce e la volontà di pace si fa più esplicita e vigorosa».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli