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È morto padre Marino, storico cappellano eritreo
6 settembre 2013
Martedì 3 settembre è morto in Valcamonica padre Hailé Teklemariam, meglio conosciuto come padre Marino. A chi tra i lettori non è di Milano, questo nome dirà poco. Per molti milanesi era invece il simbolo della numerosa comunità eritrea locale. Padre Marino era un frate cappuccino. Per anni si è battuto, tra mille difficoltà, per aiutare i suoi conterranei arrivati nella metropoli lombarda. I ragazzi e le ragazze eritrei (ma anche etiopi) si rivolgevano a lui per affrontare la complessa burocrazia italiana, per trovare un lavoro, per  un sostegno morale. E lui negli anni è diventato un punto di riferimento per tutti.

Nato nel 1941 a Sagaineti, una località a una sessantina di chilometri da Asmara, entra nel noviziato dei padri cappuccini nel 1959 e nel 1968 viene ordinato sacerdote. Nel 1979 i suoi superiori decidono di inviarlo in Italia per curare l’assistenza pastorale della comunità eritrea ed etiope a Milano. Allora, quella eritrea ed etiope era una comunità non molto grande e in essa convivevano in armonia etiopi ed eritrei, musulmani e cristiani, tigrini e amhara. Non c’erano cappellani copti e quindi padre Marino offriva assistenza spirituale anche agli ortodossi. Per integrare questa comunità, aiutava le persone a imparare l’italiano e a conoscere la cultura e le tradizioni del nostro Paese e di Milano. «Milano - amava ripetere - non è una città razzista. Il razzismo non esiste. Esistono diseguaglianze che portano a creare malessere tra le persone, ma il razzismo non è una condizione naturale dell’uomo».

L’indipendenza dell’Eritrea dall’Etiopia
avevano destato in lui e in molti suoi connazionali grandi speranze. Aspettative andate ben presto deluse. L’arrivo massiccio di centinaia di eritrei sulle coste italiane sono la testimonianza di un fallimento politico che ha trasformato Isayas Afeworki, il leader dell’indipendenza, in un feroce dittatore. Padre Marino continuava ad aiutare tutti. Anche se si rendeva conto che ormai, con la crisi economica in atto e i forti flussi migratori, le opportunità per gli eritrei erano sempre meno.

Il 7 dicembre 2012 il suo impegno è stato premiato dall’amministrazione comunale milanese con l’Ambrogino d’oro, il massimo riconoscimento rilasciato a personalità che si sono distinte in ambito cittadino. «Ma perché proprio a me? La medaglia d’oro non potevano darla a qualcun altro? Me la merito?». Così si era schernito al momento della consegna del riconoscimento da parte del sindaco Giuliano Pisapia. Il riconoscimento però gli aveva fatto piacere. E più volte aveva ringraziato chi aveva fatto il suo nome all’amministrazione comunale.

Mercoledì è stato dato l’annuncio della sua morte, avvenuta in montagna durante una breve escursione. I funerali si terranno lunedì 9 alle ore 14 nella Chiesa dei padri cappuccini in viale Piave a Milano.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli