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Emilia Romagna, giovani ignaziani a fianco dei terremotati
25 luglio 2012
Sorpresa, forza, paura: sono alcune delle emozioni lette sui volti degli emiliani colpiti dal sisma. Subito dopo la prima scossa del 20 maggio, i giovani della Rete Loyola di Bologna si sono mossi, insieme ai gesuiti, per rispondere a questa emergenza. Un’emergenza che è diventata ancora più grave dopo la scossa del 29 maggio che ha devastato alcuni Comuni e ne ha feriti molti altri. Come Camposanto (Mo), dove l’aiuto dei gesuiti è stato bene accolto dalla Giunta comunale e della Protezione civile (nella foto la Chiesa danneggiata dal sisma). È nato così nell’ambito ignaziano il programma «Emergenzaemilia» con i «campi di volontariato» iniziati il 17 giugno, che proseguiranno fino al 2 settembre. Ognuno degli 11 turni prevede un direttore di campo per gli aspetti organizzativi e un animatore spirituale per i momenti di riflessione, ascolto, meditazione.

 I volontari, 15-20 per ogni turno, provengono da tutta Italia e non sono necessariamente legati ai gesuiti. I fronti di impegno sono tre: 1) il centro estivo per ragazzi: uno spazio dove si gioca, si dipinge, si racconta, si costruiscono (o ri-costruiscono) relazioni e soprattutto si sta insieme; 2) la cucina, dove si prepara da mangiare ogni giorno per oltre 200 persone; 3) la logistica della tendopoli: dalle pulizie alla gestione dei magazzini, ai lavori di segreteria, al semplice stare con le persone. Per una famiglia vivere in una tendopoli non vuol dire solo cambiare posto dove si vive. È un mondo che cambia. «La tendopoli - spiega Renato Colizzi, gesuita, referente del primo turno - lancia nuove sfide che stiamo cercando di raccogliere». Il terremoto è estremo anche in ciò che lascia nei cuori. Come sostiene Luca Gherardi, vicesindaco di Camposanto: «Questi eventi tirano fuori il meglio e il peggio che c’è in ogni essere umano». Per il giovane amministratore, «gli schemi sociali di prima sono venuti meno e bisogna costruire nuove relazioni di vicinato, nuove solidarietà, affrontare nuovi conflitti. Le litigate sono all’ordine del giorno. È dura ora e sarà dura anche in futuro».

Ma Gherardi ricorda che «già due ore dopo il terremoto sono arrivati volontari ad aiutarci e questo ci ha dato molta forza. Non penso alle sfilate dei ministri, ma ai Comuni che scrivono per sapere di cosa abbiamo bisogno. Tuttavia è importante che ora non si spengano i riflettori su di noi». In effetti, sui media il sisma sembra una notizia superata. In questo clima, l’attività dei volontari è ancora più urgente. Essi lavorano accanto alle istituzioni con un’ottima integrazione. Lo sottolinea Paolo Brivio, laico ignaziano: «La nostra testimonianza è fare cose concrete per queste persone; credenti e non credenti, gomito a gomito, regalare tempo e amore gratuito». Stefano Corticelli, gesuita, referente nazionale del progetto, osserva: «I bambini sono sorprendenti. A volte sono loro che sanno stare accanto agli adulti. In queste situazioni drammatiche, si manifesta in un bambino una maturità sorprendente. Certo, il trauma è sempre latente sotto la voglia di giocare. Cosa può essere un terremoto per un bimbo? Uno di loro ha detto “un grosso camion che è passato vicino casa”. Per questo ora i volontari sono concentrati sul centro estivo». Su 54 famiglie nelle tendopoli, 30 sono straniere. Questa è un’altra sfida da raccogliere? È così che è nato uno spazio per loro, nel quale, oltre a momenti di aggregazione, è possibile far ricorso all’assistenza di psicologi. Per i giovani ignaziani si tratta di scoprire che nell’«andare» si riceve una testimonianza di vita, nuovi modi di essere comunità. Muovere insieme i primi passi tra mille difficoltà: da qui si parte per riprendersi il futuro.
 Marina Quarta Colosso
© FCSF – Popoli
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