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Facebook per bene - Il social network e le Ong
12 marzo 2013
Facebook ha superato un miliardo di utenti nel mondo. Per chi è meno familiare con l’uso del web, Facebook è il web stesso. Sono in crescita fenomeni d’uso della pagina Facebook come se fosse il proprio sito o blog da parte di comitati, piccole associazioni, ma anche commercianti e liberi professionisti.

Per il settore nonprofit, Facebook dovrebbe essere un ambiente di cura delle relazioni non ignorabile, data la sua diffusione. Alcuni lo hanno fatto: Onlus, Ong, fondazioni e altri organismi senza scopo di lucro hanno integrato il social network fondato da Mark Zuckerberg nel 2004 tra i canali di comunicazione in uso in rete.

Se è vero che il classico «non si può non esserci» è un buon motivo per aprire una pagina Facebook, è altrettanto vero che farlo senza idee (e tecniche) potrebbe essere inutile o, peggio, controproducente. Ci vuole una linea d’azione che sia coerente con gli obiettivi, le campagne, i progetti in corso e i fini più generali dell’organizzazione. E poi, nella pratica, ci sono le tecniche che funzionano: ecco le principali, con alcuni esempi virtuosi che non hanno nessuna pretesa di esaustività.
La riconoscibilità è fondamentale. L’utente che raggiunge la pagina Facebook di una nonprofit deve percepire immediatamente dove si trova. Utile a tal fine è collocare visibilmente il logo e sfruttare l’immagine di testata per rafforzare la riconoscibilità per associazione visiva, con immagini che chiaramente rimandano al mondo di riferimento, come per esempio fa Mani Tese.

La testata deve essere costruita come supporto promozionale argomentato: non pura pubblicità, ma stimolo e invito all’approfondimento, all’azione per o contro qualcosa, da fare insieme. Meglio dunque se oltre all’immagine c’è un testo, una headline e una call to action come dicono gli specialisti del brand management. Un buon esempio è Cbm Italia.

Per dare risultati positivi, la pagina Facebook deve essere integrata nel sistema di relazioni in rete organizzato da un brand e quindi favorire il dialogo con il sito web o più ancora con il blog istituzionale, dove presente (un esempio è Cosv). In ogni caso, al centro c’è sempre l’utente e uno dei modi migliori per attivare la partecipazione è pubblicare post con foto o video.

Foto e video aumentano il coinvolgimento, stimolano la partecipazione. L’effetto contestualizzazione, la capacità che uno scatto fatto nel momento giusto ha di raccontare e rendere concreta, quasi tangibile l’attività di sviluppo portata avanti, realizza un ottimo effetto. Un buon esempio lo porta Educatori senza frontiere; scorrendo la loro pagina Facebook ci sono diversi scatti di aule con formatori in piena attività. Come a dire: ecco dove mettiamo i soldi dei fondi raccolti.

Tra gli addetti ai lavori della comunicazione in rete, quando si parla di Facebook e Twitter ironicamente si dice che il primo è dove si mente agli amici mentre il secondo è dove si dice la verità agli sconosciuti. Nella sua ironia, questa battuta è un sintomo, l’espressione di una sensazione che le nonprofit devono conoscere e considerare.

Le nonprofit devono puntare sulla «verità agli amici». Per questo le testimonianze, le voci dal campo, le parole e i pensieri degli operatori, le aspirazioni dei volontari in partenza e le esperienze di quelli di ritorno, l’impegno diretto dei testimonial, e la viva voce dei beneficiari degli interventi sono lo strumento più ricco. Normalmente accompagnati da foto e video, rendono vicino ciò che troppo spesso resta lontano, propongono un incontro, in un certo senso «umanizzano».

In questo senso, ad esempio, Coopi ha un bel caso collegato a un suo progetto. Coopi è virtuosa anche in un altro modo di avvicinare gli utenti: adotta una tecnica nota come newsjacking in modo efficace. In pratica coglie uno spunto di forte presenza mediatica, per esempio la ricorrenza del terremoto in Haiti, lo vivacizza con la «notizia del giorno», nel caso il viaggio sull’isola del Commissario europeo Kristalina Georgieva, e aggancia alla notizia una foto di una bambina locale con un ben costruito messaggio di speranza: un bell’effetto per mettere in evidenza il proprio ruolo e impegno.
Ci sono diversi errori da evitare, ma la maggior parte di essi è superabile dal comune buon senso. In fondo, si tratta sempre di solidarietà.
Giovanni Vannini
giovanni@oogo.com
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