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Fare Pasqua in tempi di crisi
17/04/2014
La speranza, quella autentica, non è legata a indici di Borsa o percentuali del Pil: è un dono di Dio perché è radicata nella sua passione, morte e risurrezione: l'editoriale del numero di aprile di Popoli.


«Non lasciatevi rubare la speranza!»: è stata una delle prime esortazioni di papa Francesco. La pronunciò il 24 marzo 2013, nella domenica delle Palme. La speranza è quella virtù che ci consente di non deprimere il nostro sguardo sotto l’orizzonte cupo dei tempi tristi che attraversiamo. È la forza che ci fa levare il capo oltre l’ostacolo. Quella siepe che sembra oscurare e negare le infinite possibilità della vita.

Ma, in qualsiasi chiesa entriamo, alzando lo sguardo incontriamo sempre un’immagine inquietante. Quella di un uomo crocifisso. Non accadde solo a san Paolo, ma anche ad esempio ai primi missionari gesuiti in Cina, di essere aspramente contestati per l’immagine del crocefisso. Come si poteva proporre un Dio devastato dalla malvagità degli uomini, e pretendere che fosse ritenuto credibile?

Infatti la croce e il Dio crocifisso su di essa inchiodato non sono la stessa cosa, non sono intercambiabili e non sono separabili. La prima è l’emblema della creatività umana pervertita in malvagità. Intelligenza deviata che distrugge senza produrre niente. Il Crocifisso, invece, è l’immagine della realtà di Dio: lui si incarna affinché noi ci ricordiamo di essere fatti a sua immagine e somiglianza. Il nostro male, quello che produciamo noi, e le sue conseguenze, lui se lo prende addosso: non metaforicamente, ma fisicamente.

La Buona Notizia riferisce questo evento e molto altro. Questo Gesù, che noi abbiamo crocifisso, Dio l’ha risuscitato. Allora, alzare lo sguardo verso il Dio in croce ci consente di riconoscere la verità della nostra malvagità, di non rimuoverla dalla consapevolezza e di non trovare alibi ai tempi tristi che viviamo. Le guerre e la crisi economica, così come le devastazioni ambientali, non sono catastrofi naturali, ma artificiali. Sono provocate dagli uomini, per colpa dei quali milioni di altri esseri umani muoiono.

Ebbene, la Pasqua ci viene a ricordare che non siamo soli nella costante fatica di non far prevalere la stupida malvagità. Il Dio che ci ha creato continua a sorreggerci con la sua stessa creatività. È risorto e presente. I cristiani lo sanno e devono raccontarlo a tutti. Non solo con le parole, ma con un modo sempre più creativo di abitare il mondo.
Si tratta di fidarsi e affidarsi alla sua proposta. Vivere con i piedi ben piantati su questa terra, alzare lo sguardo, non per aria ma davanti a noi, vedendo la realtà nella quale siamo, mettere in moto la nostra intelligenza per agire facendo il bene effettivamente praticabile. La speranza, quella autentica, non è legata a indici di Borsa, andamenti dello spread o percentuali del Pil: è un dono di Dio perché è radicata nella sua passione, morte e risurrezione.

Allora, quella del Papa è tra le sollecitazioni più necessarie. La celebrazione della Pasqua, del resto, è un atto indispensabile per i credenti: bisogna ricordarci a vicenda la Bella Notizia che dà gioia alla vita.

Davide Magni SJ
di Popoli


© FCSF – Popoli