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Hong Kong: “Ciò che accadrà avrà effetti globali”
3/10/2014

Dalla fine di settembre Hong Kong è paralizzata dalle proteste promosse dagli studenti e che hanno coagulato un numero crescente di cittadini. Il movimento, chiamato "Occupy Central", sta sfidando il potere politico locale, ma anche Pechino, che controlla politicamente la ex colonia britannica. Gli studenti hanno chiesto le dimissioni del capo dell’esecutivo locale (Chief executive), Leung Chun-ying, in carica dal 2012. Il 2 ottobre Leung non si è dimesso allo scadere dell’ultimatum, ma ha aperto spiragli per un dialogo. 

Le forze dell’ordine, intanto, hanno avvertito i manifestanti che risponderanno duramente all’eventuale occupazione dei palazzi governativi. La sera del 3 ottobre, tuttavia, i tentativi di un confronto pacifico si sono bloccati, in seguito agli attacchi violenti contro i manifestanti da parte di altri cittadini (o agenti infiltrati) contrari alle proteste.

Il movimento studentesco nella metropoli autonoma va ben oltre il significato locale: 25 anni dopo piazza Tienanmen, i processi di trasformazione politica della Cina sollevano domande inquietanti. Abbiamo chiesto a un religioso che vive a Hong Kong e che preferisce rimanere anonimo una valutazione sulle proteste in corso.

Quali sono le cause profonde dello scontento verso il potere centrale a Pechino?
La gente di Hong Kong si trovava in posizione subordinata quando era sotto il dominio britannico e continua a esserlo ora sotto il dominio cinese. Non abbiamo mai realmente avuto libertà di parola su ciò che vogliamo per il nostro futuro. I tre Chief executive della Regione amministrativa speciale, che è Hong Kong da quando è tornata alla Cina nel 1997, non sono stati bene accolti dall’opinione pubblica, in particolare l’attuale capo dell’esecutivo.
C’erano speranze che potessimo avere una vera elezione nel 2017, come previsto dalla Legge fondamentale che regola Hong Kong. Questa speranza è stata in gran parte ridotta dalle decisioni prese dal Congresso del Popolo il 31 agosto. Gli elettori avranno solo la possibilità di scegliere tra due o tre candidati selezionati da un comitato elettorale che si ritiene decisamente orientato a favore di Pechino. La sua creazione non rispecchia la popolazione della città. L’attuale movimento si può spiegare, perciò, come conseguenza di molte speranze svanite. Ma esistono anche altre accuse: ad esempio che i giovani sono strumentalizzati da un gruppo di attivisti e politici avversi a Pechino e che sarebbero spalleggiati dal governo degli Stati Uniti.

Quali potrebbero essere le conseguenze? Vede rischi di una repressione violenta?
Esiste certamente un rischio di repressione violenta. Ma, anche se c’è la speranza che la crisi presente possa essere in qualche modo contenuta dalla promessa di un dialogo tra un rappresentante del Chief executive e la Federazione studentesca, nessuno può essere troppo ottimista sull’esito. Certamente è meglio avere un qualche dialogo che niente.

Si può considerare tutto questo solo una questione interna cinese?
Se la Cina prende sul serio la propria appartenenza al mondo globalizzato, Hong Kong (che è sede della seconda più importante borsa valori dell’Asia, ndr) non può essere solo un affare interno. Ciò che accadrà a Hong Kong avrà effetti globali, specialmente per il suo ruolo di centro finanziario e commerciale internazionale.

Si possono immaginare effetti positivi sui processi di trasformazione della Cina, sia a livello politico sia di diritti civili?
Abbiamo sempre sperato che sviluppi positivi a Hong Kong possano influire positivamente in Cina. L’attuale amministrazione in Cina resta forte nel suo controllo. Cambiamenti significativi richiederanno tempo.

Qual è l’atteggiamento dei cristiani di Hong Kong nella situazione attuale?
È difficile dirlo. Sembra non esserci un approccio complessivo alla crisi. Dei due cardinali, uno, il vescovo emerito Joseph Zen, appoggia chiaramente la protesta, mentre l’arcivescovo in carica, John Tong Hon, rinnova gli appelli alla calma e al rispetto per le vite umane. Uno dei leader anglicani si fa particolarmente sentire contro il movimento degli ombrelli e il boicottaggio delle lezioni da parte degli studenti. Ma i cristiani di base sono più inclini a promuovere i diritti di uguaglianza e giustizia.

Francesco Pistocchini

© FCSF – Popoli