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Il forziere degli idrocarburi
28 marzo 2013
Il Piano strategico 2013-2016 presentato il 15 marzo dai vertici dell’Eni ha mes so in evidenza l’importanza del continente africano nelle strategie non solo della società di San Donato, ma anche delle altre grandi compagnie petrolifere internazionali. In Africa si stima possa essere presente tra il 10 e il 15% delle riserve mondiali accertate di petrolio, una quota superiore all'8% che ufficialmente le viene riconosciuto. Se si considera che, secondo il World Energy Outlook della Bp (British Petroleum), una delle fonti più accreditate, le riserve globali al 1° gennaio 2013 ammontavano a 1.633 miliardi di barili, l’Africa potrebbe contare su un «tesoro» fino a circa 200 miliardi di barili.

Ma com'è ripartita questa ricchezza? La metà dei 132 miliardi di riserve detenute si trova nella fascia settentrionale del continente, in particolare in Libia (quasi 48 miliardi di barili, fatto che spiega bene l'interesse mostrato dai Paesi occidentali nella guerra civile che ha portato all'abbattimento del regime di Gheddafi) e in Algeria. La qualità dei loro greggi è inoltre al vertice mondiale. Molto ricca è anche la fascia costiera del Golfo di Guinea che, fino a una decina di anni fa, si pensava potesse addirittura diventare un nuovo Golfo Persico. Si estrae greggio nelle acque di Angola, Congo, Camerun, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Guinea equatoriale, Nigeria. Secondo gli esperti del settore ci sono grandi potenzialità anche più a Nord. In Liberia, Sierra Leone, Guinea e Guinea Bissau potrebbero esistere buone riserve, anche se non si conosce la reale consistenza dei giacimenti perché l’instabilità dei governi e la mancanza di fondi non hanno permesso di effettuare prospezioni accurate. La Mauritania ha trovato giacimenti consistenti ed è ormai pronta ad avviare la produzione. Probabilmente potrebbero esserci ulteriori riserve nel Sahara occidentale e forse anche in Marocco e nei Paesi della fascia del Sahel.
Ma la nuova frontiera è in Africa orientale. Le prospezioni hanno dato risultati positivi in Mozambico - dove l’Eni ha trovato un grande giacimento di gas naturale che a breve inizierà a sfruttare insieme ai cinesi -, Tanzania e Kenya. E proprio in Kenya, a Lamu, sta nascendo un hub per l’esportazione del greggio keniano e di quello proveniente dal Sud Sudan (che per le esportazioni sta cercando di affrancarsi dalla dipendenza dal Sudan). Nell’Ogaden (la regione al confine tra Somalia ed Etiopia) le prospezioni effettuate negli anni Settanta hanno dimostrato l'esistenza di riserve. Non se ne conosce l’entità, ma certamente l’area presenta buone potenzialità. Così come in Somalia, dove vi sarebbero ricchi giacimenti sulla piattaforma continentale dell’Oceano Indiano.

In Africa esistono però molte regioni inesplorate che potrebbero riservare molte sorprese. Negli anni Novanta, per esempio, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sul ritrovamento di petrolio nella Repubblica democratica del Congo. Oggi però lo scenario è cambiato. Mi riferisco al caso del Lago Alberto. Il bacino è diviso tra Congo e Uganda. Nella parte ugandese è stato scoperto un giacimento da un miliardo di barili di greggio. Al momento non si conosce l’entità delle risorse della parte congolese perché l’instabilità della regione non ha permesso prospezioni accurate, ma è molto probabile che il giacimento si estenda anche verso quella sponda. Giacimenti di idrocarburi probabilmente sono presenti anche nel Lago Kivu, negli altri laghi della Rift Valley e nel Lago Ciad.

L’Africa potrebbe quindi rivelarsi un forziere, ma non solo per le compagnie petrolifere straniere. Quando si parla d'idrocarburi, si ragiona infatti sempre nell’ottica dell’esportazione. In realtà, molti di questi giacimenti possono rispondere al fabbisogno interno dei Paesi africani. Questo potrebbe aiutarli nel loro sviluppo affrancandoli dai condizionamenti e dalle altalene del mercato mondiale. Rimane però aperta la questione della ripartizione delle risorse derivate dal la vendita degli idrocarburi. Le classi dirigenti africane finora si sono rivela te incapaci di ridistribuire correttamente i loro proventi che, spesso, sono invece andati ad alimentare un vasto circuito di corruzione. In questo senso il cammino è ancora lungo.
Paolo Migliavacca

© FCSF – Popoli
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