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Africa, la scommessa dell'Eni e i dubbi delle Ong
26 marzo 2013
L’Eni scommette sull’Africa. Nel Piano strategico 2013-2016, presentato il 14 marzo da Paolo Scaroni, amministratore delegato del gruppo, il continente africano ha un posto sempre più importante nella strategia del Cane a sei zampe.

Nella sua relazione, Scaroni si è soffermato in modo particolare sui ricchissimi giacimenti offshore mozambicani. In Mozambico il gruppo italiano ha scoperto riserve di gas di 7 triliardi di metri cubi di gas. Un forziere che non solo può rispondere alle esigenze energetiche italiane, ma può diventare un’importante merce di scambio con le economie asiatiche emergenti. In particolare la Cina che, da qualche tempo, dimostra un appetito crescente per gli asset africani (anche per via della posizione geografica favorevole a servire il mercato asiatico).

Lo sfruttamento del giacimento richiede però investimenti nell’ordine delle decine di miliardi. Cifre elevatissime anche per un gruppo solido come quello di San Donato. Ed è per questo motivo che proprio l’Eni ha iniziato a cercare un socio che le permetta di condividere i costi. Dopo aver valutato alcune proposte, il gruppo ha accettato di cedere il 20% del megapozzo Mamba alla Cnpc, la compagnia statale cinese.

L’intesa è stata formalizzata agli inizi di marzo e non solo ha portato nelle casse del Cane a sei zampe 4,2 miliardi di dollari (3,2 miliardi di euro), ma ha dato il via a una collaborazione tra le due compagnie per lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas (gas metano prodotto da giacimenti non convenzionali) che si estendono per circa 2mila chilometri quadrati nel Sichuan Basin (Cina).

Ma l’interesse dell’Eni non si ferma al Mozambico. Il Gruppo di San Donato da decenni è attivo in Africa, una presenza che il Piano strategico ha confermato. I Paesi nei quali è maggiormente presente sono la Nigeria (dove estrae 96mila barili di greggio e 10milioni di metri cubi di gas al giorno), l’Angola 95mila barili di petrolio e un milioni di metri cubi di gas), il Congo Brazza (87mila e 3,4 milioni) e l’Egitto (91mila e 22,7 milioni). Seguono Libia (36mila e 12 milioni), Algeria (69mila e 500mila) e Tunisia (13mila e 800mila).

Anche l’attività di esplorazione non si è fermata in questi mesi. Sempre il 15 marzo l’Eni ha comunicato una nuova scoperta petrolifera nelle acque profonde dell’offshore angolano. Per il nuovo pozzo la stima di potenziale produttivo è pari a 5.000 barili al giorno.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli