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Intersos: "Mission: nessuna tv del dolore, ma una sfida innovativa"
9 ottobre 2013

Riveviamo e pubblichiamo questa lettera riferita all'articolo "The Mission", le telecamere non si spengono, pubblicato il 7 ottobre su Popoli.info. Sotto, la nostra risposta.

 

Caro Direttore,

avendo lavorato a Popoli molti anni fa, quando ancora il giornalismo verificava con attenzione la notizia, sono rimasto sorpreso nel leggere su popoli.info l’articolo di Francesco Pistocchini intitolato: “The Mission”, le telecamere non si spengono.

Dato che l’autore si meraviglia che siano coinvolte nel programma organizzazioni umanitarie comel’Unhcr e Intersos,attive nelle situazioni di crisi,ci saremmo aspettati una telefonata con qualche richiesta di informazioni e di chiarimenti. Saremmo stati più che disponibili a fornirli, ma l’autore ha preferito altre strade, rifiutandosi di andare a conoscere ciò che definisce con tanta sicurezza “show umanitario”. Lo stesso aveva fatto precedentemente, sempre su Popoli.info, Chiara Giaccardi, con il suo commento critico sul “tutto purché se ne parli”, senza per nulla conoscere la realtà di quel “tutto”.

Data la stima che continuo ad avere per Popoli, di cui sono abbonato, e per alcune delle persone che vi scrivono, prendo questi articolie le preoccupazioni manifestate come un invito a fare ancora meglio ciò che già stiamo facendo, contando che possiate considerare doveroso dare pubblicità a questa mia precisazione.

Noi di Intersos, ma anche l’Unhcr di Roma che partecipa allo stesso programma con la Rai, concordiamo con le affermazioni e le firme raccolte contro la trasformazione delle tragedie umane, della sofferenza e della dignità delle personein fiction e spettacolarizzazione. Come potrebbe essere diversamente? Il programma che si sta preparando non è però un reality showné una fiction. Non avremmo mai accettato di collaborarvi e ci saremmo opposti alla sua realizzazione.

Cosa è quindi il programma “Mission” sui rifugiati che andrà in onda tra meno due mesi? Il direttore di Rai 1, Giancarlo Leone, l’ha ampiamente spiegato, anche recentemente. Mi limito quindi ad alcuni punti chepiù ci stanno a cuore.

1. Si tratta di un tentativo innovativo di programma sociale per portare anche in prima serata e al vasto pubblico il tema dei rifugiati, facendolo con la massima attenzione e il massimo rispetto per le persone, la loro sofferenza e la loro dignità, rendendole protagoniste nel raccontarsi. Si toccheranno quattro crisi umanitarie, in paesi africani, mediorientali e latinoamericani, mettendo al centro le persone con le loro storie vissute e il loro personale punto di vista e mostrando il lavoro degli operatori umanitari.

2. I personaggi noti al pubblico televisivo che entrano in contatto con queste realtà, vivendoci per una quindicina di giorni, sono sempre accompagnati dagli operatori umanitari dell’Unhcr e di Intersos. E’ un periodo breve, ma sufficiente per vivere un’esperienza di conoscenza e consapevolezza della condizione di chi ha perso tutto ed è aiutato a ricostruire la propria vita con dignità nel paese ospitante. Con la loro capacità comunicativa, trasmetteranno al vasto pubblico, le sensazioni, forti e intense, vissute nei giorni di rapporto umano con i rifugiati, i bambini soldato, le donne schiavizzate da miliziani, e con le operatrici e gli operatori umanitari che con essi vivono. Altre persone, in studio, durante la trasmissione, cercheranno di approfondire il tema e di inquadrare ogni situazione nel proprio contesto.

3. La raccolta fondi che accompagnerà il programma sarà finalizzata a quelle realtà che i telespettatori vedranno. Dati i principi che guidano le nostre organizzazioni, ci siamo adoperati, con piena adesione da parte della Rai, perché non fosse minimamente fatta una tv del dolore ai fini dello spettacolo e della raccolta fondi.

4. Ci siamo posti con molta umiltà e prudenza, consci dei rischi dell’innovazione ma convinti di poter ampliare con un nuovo strumento le trasmissioni esistenti, televisive, radiofoniche o web, che possono rispondere all’esigenza di comunicare e di coinvolgere sul tema dei rifugiati, vittime di guerre e persecuzioni, e dell’intervento umanitario. Nessuno ha mai lontanamente pensato che la formula del programma sociale “Mission” dovesse escludere i «telegiornali e approfondimenti giornalistici» esistenti.E’ solo uno strumento innovativo in più. Si trattadi un programma preparato con grande attenzione e con una totale disponibilità della Rai a condividere il percorso e ad accogliere ogni richiesta dell’Unhcr e di Intersos (coinvolte proprio a questo scopo) utile a garantire la qualità dei contenutie la dignità e l’immagine dei rifugiati. La RAI sa come si fa un programma tv di prima serata, noi sappiamo come si parla dei rifugiati rispettando la loro condizione e il loro dolore. Penso di poter affermare che ognuno sta facendo al meglio il proprio mestiere.

5. Si tratta di un tentativo e al tempo stesso una sfida che Intersos ha voluto assumere insieme alla Rai e all’Unhcr, convinti che, magari migliorandone il formato, possa diventare uno strumento aggiuntivo di seria e diffusa comunicazione sociale.Forse, con questo programma potrebbe essere segnata una tappa importante nella storia della Rai per il sociale e al servizio (pubblico) di chi ha più bisogno. Non so se ci si riuscirà appieno fin da queste prime trasmissioni, ma riteniamo che valga la pena di tentare, con serietà e dedizione, come stiamo facendo.

Con i più cordiali saluti,

Nino Sergi
Presidente di Intersos

 

Caro Nino Sergi,
il "caso-Mission", chiamiamolo così, è esploso nel mese di agosto, e non siamo stati noi a sollevare dubbi e a mobilitare tanti cittadini. In estate, infatti, non ci siamo occupati della vicenda: come è nostra consuetudine abbiamo scelto di non cavalcare le polemiche, cercando invece di capire meglio.
L'articolo pubblicato lunedì riporta un ampio ventaglio di posizioni: quella della Rai, quella di Intersos, quella di esperti e operatori. Nel caso di Intersos è stato citato testualmente un vostro comunicato stampa, ovvero la vostra voce ufficiale e pubblica. E questo ci è sembrato sufficiente, in un articolo forzatamente sintetico.
Ora pubblichiamo volentieri queste precisazioni, certamente plausibili. Restano però altrettanto plausibili le perplessità di cui abbiamo dato conto. Ma tutto questo rientra in un dibattito libero e, speriamo, proficuo (ce lo auguriamo anzitutto per i veri soggetti in questione, che non sono né la Rai, né le Ong o chi ha firmato la petizione, ma i rifugiati). Invece le accuse sulla scarsa correttezza del nostro lavoro e il rimpianto per "il giornalismo che verificava con attenzione la notizia" ci sembrano francamente fuori luogo.
Detto questo, resta intatta la stima per il prezioso e qualificato lavoro che Intersos svolge da anni nei contesti più difficili del pianeta, un lavoro che anche su
Popoli abbiamo raccontato più volte.

Stefano Femminis
Direttore di Popoli

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