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Kazakistan, l'amico scomodo
19 luglio 2013

Il rimpatrio forzato della famiglia del principale oppositore politico kazako ha portato all’Italia il rischio di una crisi di governo e accuse di mancata tutela dei diritti umani. Il Kazakistan, anche se poco conosciuto, è diventato un Paese centrale negli equilibri energetici mondiali. La vicenda mostra che, ancora una volta, gli interessi economici prevalgono sui diritti civili.

 

Anche ignorando i report di Freedom House, Reporter senza frontiere o Transparency International che collocano il Kazakistan molto in basso nelle classifiche mondiali delle libertà politiche, di espressione e trasparenza economica, basterebbe leggere i numeri delle ultime elezioni presidenziali (2011), rivinte dal presidente padrone Nursultan Nazarbayev con il 95,5% dei voti, per avere il sospetto sul livello di democrazia nella repubblica centroasiatica. L’Osce, organizzazione di cui il Kazakistan è membro e che ne monitora le elezioni, ha contestato questa vittoria plebiscitaria criticando gli standard democratici, l’autocensura dei media e denunciando irregolarità nel voto.

Nazarbayev ha 73 anni ed è sempre stato rieletto nei 22 anni di vita del Kazakistan indipendente, di cui era già il leader del Partito comunista locale ai tempi dell’Urss. È un amico dell’Italia (dal 1997 è Cavaliere di Gran Croce), ha incontrato tutti i presidenti della Repubblica e del Consiglio italiani dell’ultimo ventennio, di ogni schieramento. Giorgio Napolitano in un’occasione ha definito il Paese centroasiatico «esempio e specchio di tolleranza, di moderazione e di convivenza pacifica».

Human Rights Watch, invece, ha denunciato i giri di vite sull’informazione indipendente e sui gruppi di opposizione. Nel dicembre 2011 la polizia sparò contro i lavoratori del settore petrolifero in sciopero a Zhanaozen, vicino al Mar Caspio, uccidendo dodici persone. Nel 2012 sono stati messi sotto accusa media indipendenti per «incitazione alla discordia sociale» e «rovesciamento dell’ordine costituzionale». Quotidiani indipendenti come Golos Respubliki o canali Tv online come K Plus e Stan.Tv sono stati sottoposti a censura, il gruppo di opposizione «Alga!» perseguito e diversi attivisti dei diritti civili coinvolti nei fatti di Zhanaozen sono finiti in carcere. Un destino simile a quello del blogger e oppositore di Putin Alexei Navalny, condannato anch’egli a cinque anni di carcere il 18 luglio. Nazarbayev, con il bielorusso Lukashenko, ha allacciato i legami politico-economici più stretti con la Russia di Putin.

Il quadro dei diritti civili e democratici non sembra dei più rassicuranti in questo Paese grande nove volte l’Italia, il più vasto «frammento» di ex Urss separatosi dalla Russia con cui condivide quasi settemila km di confine. Un quarto degli abitanti (16 milioni) sono slavi e il russo è ancora lingua ufficiale insieme al kazako (di ceppo turco). Circa metà dei kazaki sono sunniti. La capitale è Astana (nella foto), creata quasi dal nulla nel 1997 nelle pianure del Nord, trasferendo le sedi del potere politico dalla molto più decentrata Almaty. Le costruzioni di Astana celebrano il potere di Nazarbayev, con un fasto che deriva dagli introiti degli idrocarburi.

Se dall’Urss il Paese ha ereditato due dei maggiori disastri ecologici mondiali, il prosciugamento del Lago Aral e i danni nucleari del poligono di Semipalatinsk, ha però anche ricevuto riserve di petrolio e gas, soprattutto nelle regioni occidentali del Caspio (circa 30 miliardi di barili di greggio) e la massima produzione mondiale di uranio. Le steppe kazake, perciò, fanno gola a molti.

Le imprese italiane hanno fatturato 6,5 miliardi di euro nel 2011, quasi come in Cina. L’Italia è quarta al mondo nell’import-export con il Kazakistan. L’Eni ha importanti partecipazioni in due grandi campi petroliferi al largo del Caspio, tra cui quello di Kashagan è uno dei più promettenti al mondo per riserve. Salini è impegnata nella costruzioni di tratti dell’autostrada che da Mosca porterà in Cina. Ma anche Finmeccanica, Italcementi, Bonatti e altre grandi imprese hanno arricchito i rapporti economici e politici italo-kazaki.

A differenza di altri Paesi petroliferi politicamente più isolati e instabili (Iran, Iraq e Libia su tutti), il Kazakistan intesse ottimi rapporti con Russia, Cina e Occidente. La visita del premier britannico Cameron ad Astana agli inizi di luglio per discutere di accordi commerciali e oleodotti, preparata da Tony Blair che è consulente di Nazarbayev, descrive l’intreccio di interessi che travalica anche gli schieramenti politici europei.

Perciò l’intrigo internazionale che ruota intorno alla moglie e alla figlia di Mukhtar Ablyazov, uno degli uomini più ricercati dal regime kazako, da giorni getta scompiglio nella politica interna italiana e ha un’eco mondiale. Amnesty Internazionale ha chiesto di fare luce sulla deportazione in patria della donna e della bambina, caricate su un aereo privato lo scorso 31 maggio. Alma Shalabayeva rischia una condanna a quattro anni di carcere da parte di un Paese che secondo Amnesty è noto per torture, maltrattamenti e processi sommari.

Ablyazov, che nel 2001 fu tra i fondatori del movimento politico «Scelta democratica del Kazakistan», a sua volta ha ricevuto una condanna nel 2002 a sei anni. Per la sua attività di uomo d’affari (è presidente della Bta Bank) è accusato dalle autorità kazake di appropriazione indebita di 15 miliardi di dollari. Nel 2009 ha abbandonato il Paese ottenendo asilo dalla Gran Bretagna che poi lo ha condannato a 22 anni di carcere per frode fiscale e ora è latitante.

L’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov ha scritto alla Stampa il 18 luglio negando che Mukhtar Ablyazov  sia un «dissidente» e «leader dell’opposizione in Kazakistan». «Si tratta di un criminale già condannato - afferma l’ambasciatore - e di un fuggiasco dalla giustizia in cinque Paesi diversi». Ablyazov è un esponente di quella classe di imprenditori che nell’ex Urss è cresciuta dal nulla, la sua forza economica gli ha consentito di diventare un avversario politico pericoloso per i circoli del potere di Astana. «Questo è uno Stato giovane - racconta a Popoli.info un tecnico italiano che lavora sul Caspio -. È rinsaldato nelle sue strutture dalle ricchezze degli idrocarburi e il popolo sembra soggetto a un lavaggio del cervello mediatico che insiste sulla discendenza da Gengis khan, su una immagine di sé capace di conquistare una terra con la forza. Sarà un caso che alle Olimpiadi i kazaki vincono nella lotta e nel sollevamento pesi?».

Un gruppo di esperti in diritti umani dell’Onu ha chiesto all’Italia di fare in modo che Alma Shalabayeva e la figlia possano ritornare in Italia, perché la loro deportazione è stata illegale, sottolineando che le autorità avevano ignorato i rischi di persecuzione, tortura e altri maltrattamenti. E se ai vertici del ministero dell’Interno qualche testa è saltata, significa che alla fine anche l’Italia riconosce che c’è del marcio ad Astana.

Francesco Pistocchini

 

© FCSF – Popoli