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La "diaspora taxation" arriva in Parlamento
13 agosto 2013

In autunno (la data non è ancora stata fissata), la Commissione Finanze della Camera dei deputati affronterà una discussione sul controverso tributo del 2% che l’Eritrea impone ai suoi cittadini all’estero. Il 26 luglio (ma il testo è stato reso noto solo a metà agosto) l’on. Lia Quartapelle Perocopio e l’on. Marco Di Maio (entrambi del Partito democratico) hanno presentato un’interrogazione sulla tassa la cui riscossione, come denunciato dall’inchiesta pubblicata nel numero di Popoli di maggio, nasconderebbe interessi poco chiari da parte del governo di Asmara e violazioni dei diritti dei migranti.

«Questo tributo conosciuto anche come “diaspora taxation” - è scritto nel testo dell’interrogazione -, pur essendo legale e legittimo, è stato oggetto di attenzione anche da parte delle Nazioni Unite che nella risoluzione n. 1907 del 2009, nella quale è stato imposto l'embargo all'esportazione di armi verso l’Eritrea, chiede che vengano attentamente controllate tutte le forme di finanziamento di questo traffico, inclusa possibilmente la “diaspora taxation”, la principale forma di raccolta di valuta pesante che ha il regime eritreo; nella risoluzione n. 2023 del 2011 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condanna inoltre l'uso della “diaspora taxation” come fattore economico che serve a destabilizzare la situazione nel Corno d'Africa».

Nell’interrogazione i due deputati italiani puntano il dito contro le modalità di riscossione del tributo. Coloro che non sono in regola con il pagamento della tassa si sarebbero infatti visti negare l'ingresso in Eritrea, sarebbe stato loro proibito inviare aiuti alla famiglia e sarebbero inseriti in una sorta di «lista nera» del governo eritreo. Circostanze queste confermate anche dalle testimonianze raccolte da Popoli. A ciò si aggiungerebbero numerosi sequestri di beni e molestie ai familiari dei migranti in Eritrea e casi di emigrati eritrei in visita in Patria a cui è stato impedito di lasciare il Paese perché non in regola con il pagamento della tassa.

Grazie a questa interrogazione per la prima volta un organo istituzionale italiano si occupa ufficialmente della «diaspora taxation». All’estero invece da tempo si mette in discussione la legittimità di questo tributo. Inchieste sull’imposta sono state avviate in Germania e Svizzera. In Svezia, dopo una denuncia presentata agli organi della polizia da parte di un gruppo di rifugiati eritrei, il Parlamento ha avviato un’indagine formale. Il Canada, sulla scorta delle osservazioni delle Nazioni Unite, ha cercato di mettere sotto controllo il flusso di denaro contante raccolto attraverso l’imposta, chiedendo la tracciabilità dei versamenti. Di fronte alla mancata collaborazione delle autorità diplomatiche eritree, nel maggio 2013 Ottawa ha addirittura espulso il console generale eritreo a Toronto (colpevole di continuare a raccogliere in modo illecito la «diaspora taxation» sul territorio canadese).

L’interrogazione presentata dai due deputati italiani si conclude chiedendo se il Ministero dell’Economia «sia a conoscenza della raccolta della “diaspora taxation” da parte di autorità eritree anche sul territorio italiano» e di come «stia vigilando sull’eventuale raccolta della tassa visto il monito della risoluzione n. 1907/2009 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che invitano a vigilare su eventuali “estorsioni, uso della violenza, frode o altri mezzi illegittimi” utilizzati dalle autorità eritree per ottenere la riscossione della tassa».

Enrico Casale

© FCSF – Popoli