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Mali, i fondamentalisti islamici e gli interessi di Parigi
15 gennaio 2013
«L’intervento militare francese era programmato da tempo. L’avanzata dei fondamentalisti islamici ha solo accelerato i tempi. Parigi non può permettersi di perdere il Mali. Sarebbe politicamente disastroso». Lorenzo Vidino, esperto di islamismo del Politecnico di Zurigo, commenta in questo modo il raid delle forze armate transalpine nel Nord del Mali per contrastare l’offensiva degli islamisti.

Perché la Francia, a più di cinquant’anni dalla fine del colonialismo, mantiene ancora una presenza così forte in Africa?
La Francia non ha mai lasciato l’Africa. Parigi percepisce le sue ex colonie come Stati satelliti e quindi non può permettersi che uno di essi venga spazzato via da un regime di matrice integralista islamica.

Quali interessi Parigi mantiene in Africa?
Mentre con Algeria e Marocco, le due principali ex colonie, il rapporto è più controverso per motivi storici e perché sono Paesi che hanno una loro autonomia economica e culturale, altre nazioni dipendono in tutto e per tutto dalla Francia. Penso a Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad, Repubblica centrafricana, Gabon, Camerun, Congo Brazzaville. E la Francia non fa niente per liberarsi dai vincoli con queste nazioni. I motivi sono diversi. Innanzi tutto perché da molti di questi Stati Parigi si rifornisce di risorse a basso prezzo (pensiamo all’uranio nigerino o al petrolio gabonese e congolese). In secondo luogo perché sono uno sbocco commerciale per l’industria francese. Infine perché molte imprese francesi hanno sede in Africa e lavorano alla costruzione di infrastrutture: strade, dighe, porti, aeroporti, ecc.

I fondamentalisti islamici metterebbero a rischio questa sorta di «protettorato» francese?
Sì, da una ventina d’anni le forze legate al fondamentalismo islamico minacciano gli interessi francesi (e non solo) nel Maghreb. Sono diramazioni più o meno dirette di al Qaeda e con legami fortissimi con altri gruppi fondamentalisti africani. Per Parigi è quindi inconcepibile che il Mali cada in mano a queste formazioni con un passato e un presente di contrapposizione antifrancese e antioccidentale.
Va anche tenuto presente che in Francia esiste un network legato al fondamentalismo islamico che potrebbe trovare un sostegno di carattere economico e militare nel Sahara. E anche questo non è certo tollerabile per Parigi.

Quali movimenti del fondamentalismo islamico operano nel Nord del Mali?
I gruppi sono tre. Il principale è Aqmi (Al Qaeda per il Maghreb islamico), che prende le origini dal Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento che si è affermato negli anni Novanta in Algeria. Quando Algeri ha organizzato una dura repressione nei loro confronti, la leadership di questo gruppo si è spinta nel sud del Paese ai confini con il Mali. Leadership che è tuttora algerina, anche se sono stati stretti legami forti con i tuareg. Aqmi è di fatto il braccio locale del network creato da Osama bin Laden. Ansar Dine è invece un movimento più locale. È il gruppo più multietnico perché riunisce miliziani di origine araba e africana. Unire arabi e neri non è facile perché ci sono diffidenze ataviche. Ma questa formazione pare ci sia riuscita. Infine c’è il Mujao, un gruppo del quale si conosce poco. Certamente è nato in Mali e riunisce arabi e neri.

Quali obiettivi si pone Parigi con l’offensiva?
La Francia vuole prevenire l’effetto domino. Il Mali è al centro dell’Africa occidentale, da lì i gruppi fondamentalisti potrebbero facilmente espandersi in altri Paesi. La Nigeria non è lontana e lì da mesi Boko Haram e sta terrorizzando intere regioni. Sono appena tornato dal Marocco e anche lì c’è forte preoccupazione per l’avanzata degli islamici.

Quello francese sarà solo un blitz o un intervento destinato a durare nel tempo?
La Francia è intervenuta direttamente perché nessuno, fatta eccezione per l’Algeria (che però non è ben vista dagli altri Paesi dell’area), è in grado di intervenire in modo così deciso ed efficace. Detto questo non so quanto durerà l’impegno diretto della Francia in Mali. L’offensiva dell’Armée de terre costringerà gli islamisti ad abbandonare le grandi città del Nord e a rifugiarsi in basi che hanno già attrezzato nel deserto dalle quali organizzare colpi di mano, attentati, rapimenti, ecc. Non credo che Parigi lascerà per anni propri militari a gestire le azioni di contro-guerriglia. Questo è il ruolo che i francesi hanno pensato per i contingenti africani che presto saranno dislocati in Mali.

All’intervento nel Nord del Mali non sono estranee neanche ragioni di politica interna francese...
Da mesi François Hollande stava perdendo consensi e questo intervento, solleticando il nazionalismo francese, ha permesso al presidente di recuperare un po’ nei sondaggi. Ho notato che anche la stampa francese più vicino alla sinistra non ha attaccato l’intervento militare. Anzi, nelle settimane scorse hanno pubblicato articoli che giustificavano un’eventuale operazione militare in Mali per debellare un fondamentalismo che si sta espandendo nel Sahel.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli