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Nilo Azzurro, lo sbarramento della discordia ha un'"anima" italiana
31 luglio 2013
Le tensioni tra Egitto ed Etiopia sulla gestione delle acque del Nilo sono nate con l’apertura del primo cantiere della Diga del grande rinascimento. Quest’opera idraulica sorgerà nella regione di Benishangul e avrà un duplice obiettivo: produrre energia idroelettrica e stimolare lo sviluppo dell’agricoltura attraverso la costruzione di una rete di canali di irrigazione. Una volta terminata, l’opera avrà un’altezza di 145 metri, una potenza di 5.250 MW e creerà un bacino artificiale in grado di raccogliere 74 miliardi di metri cubi di acqua. Il progetto, dal costo complessivo di circa 5 miliardi di dollari, è stato affidato, senza un’offerta pubblica, alla Salini Costruttori, l’azienda italiana che ha già realizzato tre dighe in Etiopia (il complesso Gilgel Gibe). Le organizzazioni della società civile etiope contestano il progetto. Se è vero che la priorità della diga è l’esportazione di energia piuttosto che il miglioramento della fornitura di energia sul territorio nazionale, denunciano le Ong, i vantaggi per le popolazioni sarebbero limitati e deriverebbero solo da un eventuale reinvestimento dei capitali che affluiscono nelle casse statali. Non solo, ma la canalizzazione delle acque impedirebbe le inondazioni che rendono fertile il terreno in modo naturale ed evitano l’impiego di fertilizzanti. Dal punto di vista ambientale, poi, i climatologi sostengono che nella valutazione di impatto ambientale non si tiene conto del cambiamento climatico. I ricercatori dell’International Rivers, basando i loro calcoli sui dati forniti dall’Ethiopian Electric Power Corporation nel 2011 e sulle previsioni relative a una possibile diminuzione delle precipitazioni del 20%, hanno stimato che la diga, a regime, raggiungerebbe un’efficienza del 33%, un livello basso se rapportato agli standard internazionali e ai costi dell’impianto. «La diga non solleva solo problemi tecnici, ma anche politici - osserva Lori Pottinger dell’International Rivers -. Sebbene questa opera sia il più grande progetto idrico dell’Africa e abbia un forte impatto ambientale, il progetto è stato elaborato nel più totale segreto. I cittadini etiopi e quelli dei Paesi a valle non sono stati mai interpellati. Non solo, ma le autorità etiopi hanno già messo le mani avanti dicendo che il progetto non può essere modificato perché, a loro avviso, non avrà alcun impatto sul corso del fiume».
© FCSF – Popoli