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Oms: "Di malaria si muore ancora"
30 aprile 2013
La malaria continua a colpire e a causare morti, soprattutto in Africa. Secondo i dati resi pubblici dall’Organizzazione mondiale della sanità il 25 aprile, nel 2010 si sono registrati 209 milioni di casi di malaria con un totale di 660mila morti. Sono cifre elevate, ma che segnano una tendenza positiva. Negli ultimi tredici anni, infatti, i tassi di mortalità sono calati del 25% (-33% in Africa).
La malaria è una malattia causata da un parassita (plasmodio) che viene trasmesso alle persone attraverso le punture di zanzare infette. Un tempo diffusa anche in alcune regioni europee e nordamericane, con l’avvento dei pesticidi è stata debellata in gran parte del mondo occidentale, rimanendo endemica in America latina (nella fascia amazzonica), in Asia (Birmania, Cambogia, Cina meridionale, India, Indonesia, Thailandia, Vietnam) e nell’Africa sub-sahariana. Ed è proprio in Africa che si registra il 90% dei decessi per questa patologia.
Popoli.info ne ha parlato con Zeno Bisoffi, responsabile del Centro malattie tropicali di Negrar (Vr), una delle strutture più qualificate in Italia per la cura delle patologie tropicali.

Quali strategie globali possono essere messe in atto per contrastare la malaria?
Nel panorama mondiale esistono zone che noi definiamo periferiche. Sono tali, per esempio, il Nord Africa e l’Africa australe (Sudafrica, Botswana, Namibia, Zimbabwe). Qui si registrano sempre meno casi di malaria. I Paesi in queste aree sono quindi i primi candidati all’eradicazione totale della patologia. L’azione si concentra sull’eliminazione del vettore della malattia, la zanzara, attraverso gli insetticidi. Poi si distribuiscono le zanzariere impregnate di insetticida per proteggere meglio le persone. I sanitari, infine, cercano di individuare nel modo più preciso possibile i singoli casi di infezione per curarli a fondo.
Ci sono poi Paesi nei quali si registrano centinaia di migliaia di casi: mi riferisco per esempio agli Stati dell’Africa centro-occidentale (Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Congo, Nigeria, ecc.). Qui non si può ragionevolmente pensare a un’eradicazione completa nel breve e nel medio periodo. La strategia è quindi quella di proteggere i singoli individui.

Com’è possibile proteggere le singole persone?
La misura più efficace è la distribuzione di zanzariere impregnate di insetticida. Se usate bene, abbattono la diffusione della malaria e quindi la morbilità e la mortalità ad essa legate. Va poi assicurato alla popolazione un accesso a cure tempestive dei casi febbrili, in modo che il paludismo possa essere individuato subito e si possa curare ai primi sintomi. Vanno anche impiegati farmaci adeguati. I farmaci contraffatti sono un flagello. Sul mercato africano si trovano farmaci spacciati per antimalarici quando non lo sono oppure che hanno dosi di principio attivo insufficienti a guarire il paziente. Infine, è necessario distribuire il vaccino antimalarico. Questo vaccino è già pronto ed entro due anni sarà messo in commercio. Va detto che non è molto efficace, ma può aiutare, combinato alle altre misure, a ridurre l’incidenza della malaria.

Servono investimenti cospicui?
Sì. Il programma per l’eradicazione della malaria, che è coordinato dall’Oms, mira allo sradicamento completo della patologia. Non tutti i malariologi sono concordi che questo obiettivo sia perseguibile a breve. Nonostante ciò si opera in questo senso con strategie globali che prevedono interventi ad ampio raggio e quindi grandi finanziamenti.

È vero che i plasmodi stanno sviluppando resistenze ai farmaci, compresi quelli più efficaci a base di artemisinina?
Nel Sud-Est asiatico sono state osservate resistenze ai farmaci a base di artemisinina. Detto questo però non lancerei un allarme. Questo fenomeno è in fase iniziale. Non solo, ma l’artemisinina viene sempre somministrata insieme a un altro farmaco (partner drug) e, per il momento, questa combinazione è ancora efficace nella quasi totalità dei casi. Se i farmaci sono utilizzati bene il problema delle resistenze potrebbe non esserci ancora per molti anni a venire.

È possibile un ritorno della malaria in Europa?
Sporadicamente in alcuni parti del Sud dell’Europa si sono verificati casi di trasmissione di malaria. Negli ultimi due anni in Italia si sono verificati due casi di trasmissione autoctona di plasmodio. Non sono completamente documentati, ma sono molto probabili. Nell’area mediterranea la zanzara anofele è in grado di trasmettere il plasmodio vivax, un po’ meno il falciparum (che è il più aggressivo). Esiste quindi la possibilità di avere qualche caso sporadico di malaria benigna cioè una malaria che, sebbene non vada sottovalutata, difficilmente porta alla morte.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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