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Paolo Dall'Oglio: "Assad cadrà, ma le ferite della Siria sono profonde"
14 dicembre 2012

«Mi state dando un premio per la pace che mi devo ancora meritare». Così Paolo Dall’Oglio, gesuita, fondatore del monastero di Deir Mar Musa e impegnato a tutto campo per la pace e il dialogo in Siria, ha accolto il premio che gli ha consegnato il presidente dimissionario della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, in una cerimonia che si è svolta il 13 dicembre a Milano. 
Padre Dall’Oglio ha chiesto di pensare e pregare per i giovani siriani in questa fase delicatissima della crisi, in cui tutto l’impegno deve essere per la riconciliazione. «Questo premio è stato un modo in cui molti amici, soprattutto lombardi, hanno espresso solidarietà con la comunità di Mar Musa, in questi mesi terribili della repressione della rivoluzione e di grande sofferenza per la gente di Siria - ha aggiunto -. È un incoraggiamento a continuare a impegnarsi a cercare nuove iniziative di pace».
Intervistato da Popoli.info, padre Dall’Oglio ha osservato che il regime di Assad prima o poi cadrà, ma quello che preoccupa è il «poi», perché il «prima» è stato troppo lungo. Il «poi» è già in qualche modo compromesso. «Non bisogna rassegnarsi, però. Ora bisogna evitare i massacri, le vendette e lavorare per la ricucitura del tessuto nazionale. Se alcuni strappi saranno inevitabili, che siano meno cruenti possibili». I siriani nella grande maggioranza hanno una cultura della riconciliazione e della pace, ma le derive violente che si sono accumulate in questi mesi, non solo con connotazioni islamiste, ma contrassegnate da odio intercomunitario che coinvolge tutti gli schieramenti, rischiano di essere ingestibili.
Da qui derivano un impegno e una proposta. Padre Paolo sta già lavorando nel campo della comunicazione, con un programma televisivo trasmesso dalla rete satellitare Orient TV (che ha trasferito la sede da Damasco a Dubai per accompagnare la ribellione). Il messaggio di ricucitura passa attraverso i media per raggiungere un maggior numero di persone, sia nel Paese, sia tra il mezzo milione di rifugiati all’estero. Ma non basta. «Propongo che si chieda un intervento di contingenti di Paesi della Lega araba, Paesi che hanno fatto la rivoluzione, perché svolgano un ruolo neutrale di sorveglianza, diano garanzia internazionale e ci aiutino in questa fase di transizione. Non per intavolare negoziati con il regime che sta cadendo, ma per accompagnare la ricostruzione». Il riconoscimento occidentale alle forze di opposizione è arrivato tardissimo, conclude Dall’Oglio. «Gli Usa hanno lasciato che si “prosciugasse” lo spirito del movimento di opposizione iniziale, quando i giovani democratici chiedevano riforme disarmati. Poi nella violenza gli estremisti si sono fatti avanti».

© FCSF – Popoli