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Tra le vittime tre gesuiti
3 aprile 2014
Il genocidio ruandese ha colpito duramente anche la Compagnia di Gesù. Il 7 aprile, il giorno successivo all’inizio delle stragi, un gruppo di miliziani hutu irrompe nel Centro Christus, una delle due comunità dei gesuiti a Kigali. Da tempo i gesuiti erano un bersaglio della propaganda fondamentalista hutu che in loro vedeva «un pericoloso sostegno ai ribelli tutsi». I miliziani uccidono brutalmente 17 persone tra le quali tre gesuiti: Chrysologue Mahame, Patrick Gahizi e Innocent Rutagambwa.

Padre Mahame, 67 anni,
è stato il primo ruandese a diventare gesuita. E infatti era considerato dagli altri confratelli come un padre spirituale e un maestro, tanto è vero che era chiamato «il Patriarca».

Patrick Gahizi, 48 anni, era il superiore della Compagnia di Gesù in Ruanda e direttore dei programmi del Jesuit Refugee Service. Prima di essere ucciso, padre Patrick è stato a lungo torturato, come testimoniano le ferite che gli sono state inferte al capo.

Innocent Rutagambwa, 46 anni,
era un teologo ed esperto in lingue africane. Era famoso perché aveva tradotto gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio in kinyarwanda, la lingua parlata in Ruanda.
Tutta la Chiesa cattolica ha pagato un prezzo altissimo in vite umane. Nei tre mesi del genocidio sono stati uccisi tre vescovi, 103 sacerdoti (tra i quali i tre gesuiti), 47 fratelli laici, 65 suore. Ad essi vanno aggiunte 30 laiche di vita consacrata.

Alcuni religiosi
furono però complici dei miliziani hutu. Nei tre mesi di massacri, le chiese erano diventate rifugi dove uomini, donne e bambini cercavano protezione. Questi luoghi sacri sono diventati macelli. Nomi come Ntarama, Ngenda, Kibeho, Kaduha, Nyange o Nyarubuye sono il simbolo di crimini odiosi commessi da cristiani contro altri cristiani. Tra i religiosi che si macchiarono di orrendi crimini il più noto è Athanase Seromba. Sacerdote, ospitò un gruppo di tutsi nella sua parrocchia e poi fece distruggere a cannonate la chiesa dai miliziani hutu. Fuggito in Italia, è stato poi condannato all’ergastolo per aver partecipato attivamente al massacro e non aver dimostrato alcun pentimento.    

© FCSF – Popoli
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