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"Un Paese che cresce. Lentamente"
7 settembre 2012
«L’Etiopia è un Paese con mille contraddizioni. Quando atterri ad Addis Abeba ti viene incontro una città in pieno sviluppo con grattacieli in costruzione, traffico caotico, un certo benessere. Basta uscire dalla capitale però per entrare in un altro mondo: la gente vive nelle capanne, senza assistenza sanitaria, senza educazione primaria e in condizioni di povertà estrema». Don Dante Carraro, direttore del Cuamm Medici con l’Africa, riassume così la situazione socio-economica dell’Etiopia, un Paese che conosce bene perché l’Ong patavina da anni gestisce un ospedale e una scuola per infermieri e ostetriche a Wolisso (Oromia).

«In questi ultimi anni - continua il sacerdote -, il gap tra la popolazione ricca e quella povera è aumentato. È vero che il Pil cresce intorno all’8% e che il governo di Meles ha cercato di colmare le differenze, ma il cammino è ancora molto lento. Gli etiopi, oggi come nel passato, sono persone molto fiere, ma povere. Bastano tre dati a confermare questa condizione: nel Paese la speranza di vita si attesta intorno ai 54 anni, ma nelle campagne non supera i 45; la spesa sanitaria media pro capite annua è di 8-9 dollari Usa, in Italia si attesta intorno ai 2.800-2.900 dollari Usa; in Etiopia esiste un’ostetrica ogni 20mila partorienti».

La morte di Meles è stata preceduta da quella di abuna Paulos, il patriarca della Chiesa copta ortodossa etiope. Quali rapporti ci sono fra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta? «I rapporti sono di buon vicinato - spiega don Dante -. Ci sono rispetto e attenzione reciproche. I cattolici, che nel Paese rappresentano un esigua minoranza (circa l’1%), sono molto attenti a non dare l’impressione di essere una realtà piccola, ma invadente. Per esempio, siamo impegnati nel sociale, ma con grande attenzione a non urtare la sensibilità degli ortodossi che, per tradizione, non si occupano di opere sociali». La successione di abuna Paulos riserverà sorprese? «La successione rimane un’incognita. I copti gestiscono le cose interne con molta riservatezza. Quindi noi facciamo fatica a capire queste dinamiche. La chiusura è forse il più grosso limite della Chiesa copta. Credo però che nei prossimi anni anch’essa dovrà fare i conti con la modernità e dovrà aprirsi maggiormente».
e.c.
© FCSF – Popoli