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Vandana Shiva: "Salviamo sementi e coltivazioni tradizionali"
29 novembre 2011
Vandana Shiva dirige il Centro per la scienza, tecnologia e politica delle risorse naturali di Dehra Dun, in India ed è tra i massimi esperti internazionali di ecologia sociale. Attivista, politica e ambientalista, ha vinto il Right Livelihood Award, premio nobel alternativo per la pace nel 1993, e il City of Sydney Peace Prize nel 2010. Sui temi ambientali ha scritto numerosi saggi, alcuni tradotti in italiano.

Che cosa si intende con l’espressione «salvare i semi»?
Ci è stato detto ripetutamente che senza l’uso di sostanze chimiche non sarebbe stata garantita la sicurezza alimentare, che senza l’ingegneria genetica non avremmo potuto affrontare il problema della fame, ma né la prima rivoluzione verde delle sostanze chimiche, né la seconda basata sull’ingegneria genetica hanno assicurato il cibo, piuttosto hanno assicurato beni. I beni non nutrono le persone, ma il profitto. Ciò che dobbiamo fare è restituire al cibo la sua essenza di fonte di nutrimento. Il nostro lavoro ha mostrato che i semi originari, impollinati attraverso meccanismi naturali, e le coltivazioni biologiche ed ecologiche possono produrre da due a tre volte il cibo prodotto con importazioni di semi e sostanze chimiche. Ciò è stato vitale per noi in India, perché queste importazioni stanno spingendo centinaia di migliaia di contadini al suicidio.

Quando è nato questo fenomeno?
I suicidi di massa tra i contadini sono cominciati in India verso la fine degli anni novanta. Attualmente secondo le stime ufficiali hanno superato i 250mila, molti dei quali concentrati nelle regioni cotonifere, perché il cotone era una coltura da reddito e molti contadini erano impegnati in questo settore. Oggi i contadini che coltivano cotone sono alla fame. La compagnia  Monsanto controlla il 95% della fornitura di tutti i semi di cotone in India e il 90% di tutti i semi geneticamente modificati nel mondo. Oggi molti Stati chiedono che le colture geneticamente modificate non siano più prodotte, perché hanno incrementato l’uso di pesticidi ed erbicidi, hanno fallito nel controllo delle erbacce e, peggio di tutto, hanno creato super-erbacce e superinsetti, che sono diventati la principale minaccia in agricoltura. Ma, prima ancora dei semi geneticamente modificati, il monopolio dei semi rappresenta una minaccia all’agricoltura. Ecco perché con la nostra iniziativa "navdanya" siamo impegnati a salvare i semi come nostri beni comuni: la nostra idea è quella di economie vive invece di economie basate sul suicidio.

Qual è la vostra sfida?
Il sistema industriale con l’importazione di sostanze chimiche e semi usa dieci volte le calorie necessarie per produrre una caloria di cibo. non possiamo sopportare questi sprechi perché si stanno trasformando in entropia, inquinamento, estinzione delle specie, cambiamenti climatici, esaurimento dell’acqua. Il 40% di tutte le emissioni dei gas serra proviene da un’agricoltura che sta avvelenando la Terra. Il 70% della biodiversità agricola è stata costretta all’estinzione a causa delle monoculture dell’agricoltura industriale. Il 75% dell’acqua è sprecata e inquinata per dissolvere le sostanze chimiche nel suolo, sulle piante e dunque nel cibo. Attraverso le scelte nella vita di tutti i giorni, chiedendoci quale cibo consumare, come è stato prodotto, da dove proviene l’acqua e come viene distribuita, diamo il nostro personale contributo a un’economia vitale.

Elisabetta Gatto

© FCSF – Popoli