In questo momento il futuro della Libia è quanto mai incerto e nebuloso. Se la polizia e l’esercito verranno a capo della rivolta, allora potrà esserci una svolta «morbida» all’interno del regime. Se invece la rivolta prenderà piede, tutto è possibile, anche la guerra civile. Angelo Del Boca, giornalista, storico, esperto del mondo libico, sta seguendo con particolare attenzione la sommossa che sta incendiando in questi giorni la Cirenaica e, in parte, la Tripolitania, ma non ha ancora chiaro quale sarà lo sbocco di questo movimento.
«Le notizie dalla Libia sono frammentarie e non si riesce a comprendere quali siano le dimensioni di questa rivolta e le possibili conseguenze. Finora abbiamo solo informazioni vaghe. Per esempio, il numero dei morti: il figlio di Gheddafi ha detto che sono morte solo una decina di persone, fonti indipendenti parlano invece di 300 vittime. Tra 10 e 300 il balzo è grande!».
Secondo lei quale futuro può esserci dopo Gheddafi?Se il regime riesce in pochi giorni a tamponare la rivolta (anche se mi sembra difficile), Muhammar Gheddafi potrebbe lasciare il potere al figlio Saif al Islam. Saif è considerato un liberale, molto aperto e colto (ha tre lauree, una delle quali alla London School of Economics). Negli anni passati ha creato una fondazione attraverso la quale ha lavorato a favore della popolazione. Non solo, ha avuto il coraggio di denunciare la mancanza di democrazia nel suo Paese e ha affermato a più riprese la necessità di avviare la Libia sulla strada di una progressiva democratizzazione. Se il padre dovesse lasciare, lui, a mio parere, sarebbe la persona più adatta per prenderne il posto. Se però la rivolta si estenderà ulteriormente credo che i ribelli non vorranno più saperne della famiglia Gheddafi. A quel punto ogni scenario diventa possibile.
Gli oppositori al regime che da anni risiedono all’estero potrebbero rientrare e prendere in mano il Paese?All’estero ci sono personaggi, alcuni molto preparati, che hanno fatto la rivoluzione con Gheddafi e poi hanno preso le distanze da lui. Ma sono tutte persone che hanno superato i 70 anni e non so se sono in grado di prendere il potere e governare l’attuale situazione politica. Ci sarebbe anche Abdessalam Jalloud, l’ex braccio destro e primo ministro di Gheddafi. Dopo l’allontanamento dal potere non è scappato all’estero, ma è rimasto in Libia. Vive comodamente a Tripoli e il regime non ha mai osato torcergli un capello perché lui è comunque il leader di uno dei principali gruppi tribali libici. Jalloud ha un grande seguito, però non saprei dire se è la persona adatta per gestire questa fase. Non so se, dopo tanti anni lontano dal potere, oggi voglia assumersi nuovamente responsabilità. Tenuto conto anche che non è più giovane, si avvicina anche lui ai 70 anni.
La rivolta in Libia può mettere in discussione i forti interessi italiani nel Paese?Sì, anche se bisogna vedere chi prenderà il potere. Se fossero Saif al Islam o Jalloud penso che il Trattato di amicizia e collaborazione Italia-Libia, siglato nel 2008 da Gheddafi e Berlusconi, verrà mantenuto in vita. Se prende il potere una nuova classe politica è invece possibile che l’intesa venga bloccata. D’altra parte, a ben vedere, quell’accordo era un’operazione di vertice, tutta giocata sull’amicizia personale tra Berlusconi e Gheddafi. Se viene meno, Gheddafi e se non viene sostituito da uno del suo entourage, è chiaro che tutto il castello crolla.
Quell’intesa prevede anche un impegno da parte libica di contenere il flusso migratorio proveniente dall’Africa sub-sahariana. Dovesse venire meno quell’intesa e quell’impegno il rischio sarebbe di una ripresa dell’ondata migratoria?Sulle nostre coste potenzialmente potrebbero arrivare migliaia di persone. Ai libici che scapperebbero dal loro Paese si aggiungerebbero le decine di migliaia di africani e nordafricani in fuga da povertà, carestie, guerre. Di fronte a questo problema, il nostro governo è in difficoltà e per il momento non ha ancora idea di come far fronte a un fenomeno di queste dimensioni.
e.c.