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Italia prima nell’export di armi «civili»
23 dicembre 2010
Per il quinto anno consecutivo, l’Italia è il primo Paese esportatore di «armi da fuoco di tipo non militare». Secondo i dati forniti dall’Onu a dicembre, nel 2009 la nostra industria ha esportato 250 milioni di dollari di armamenti, davanti a Brasile (186 milioni), Germania (127 milioni) e Stati Uniti (114 milioni). Ma dove vengono esportate queste armi? Il principale cliente sono gli Stati Uniti (oltre 104 milioni di dollari), seguiti dalla Francia (23 milioni), dalla Federazione russa (20 milioni). All’ottavo posto c’è la prima sorpresa della lista: la Libia, che ha acquistato armi per oltre 6 milioni di dollari. Tra i principali acquirenti troviamo anche la Giordania e l’Egitto (entrambi due milioni), gli Emirati Arabi Uniti (1,8 milioni) e il Marocco (1,6 milioni).

Per «armi da fuoco di tipo non militare» si intende un’ampia gamma di armi da fuoco: da quelle da caccia a quelle da tiro, a quelle per la difesa personale. «La denominazione “armi da fuoco di tipo non militare” è però assai ambigua – spiega Giorgio Beretta, esperto della Rete disarmo -. Alcune armi da guerra differiscono di poco da quelle “non militari”. A volte l’unica differenza è il calibro dei proiettili o la scansione di tiro (automatica o semiautomatica). A volte non differiscono in nulla. I fucili a pompa da caccia in che cosa sono diversi dai fucili a pompa utilizzati dai reparti speciali delle forze armate? Le carabine di precisione per le forze armate e quelle da competizione in che cosa sono diverse? Quasi sempre cambia solo nel colore!».

Questa ambiguità nascondono manovre poco trasparenti. «Chi sa come verranno utilizzate queste armi e da chi – si domanda Beretta -? Può essere che quei fucili a pompa venduti come armi da caccia vadano in realtà ad armare polizie o forze armate». Ma questa, già di per sé grave, non è l’unica conseguenza. La legge n. 185/90 che disciplina il commercio di armi militari vieta infatti le cosiddette «triangolazioni». Le aziende italiane non possono cioè vendere armi a un Paese che non è in guerra che, a sua volta, le cede a un Paese in conflitto. «Questo limite – osserva Beretta - non esiste però per le “armi da fuoco di tipo non militare”. Quindi nessuno può vietare a un Paese di vendere a un altro Paese in guerra le armi appena acquistate dall’Italia. E come abbiamo visto, spesso, queste sono armi da guerra mascherate da “civili”».

© FCSF – Popoli