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BOLOGNA/ Una lingua da masticare
2 maggio 2012
Il Centro Poggeschi, nato negli anni Ottanta per iniziativa del gesuita Fabrizio Valletti, è un luogo di aggregazione e formazione giovanile che si trova nel centro di Bologna, a poca distanza dalle «due torri». Il Centro ospita oggi diversi gruppi, seguiti dai padri Jean-Paul Hernandez e Stefano Corticelli, a cui partecipano studenti universitari e giovani lavoratori impegnati in percorsi di formazione spirituale e di servizio.

Tra le varie esperienze, il Centro ospita anche una scuola di italiano per migranti, che è attiva da circa un quarto di secolo e che, da alcuni anni, si è data una veste organizzativa più formale con la costituzione dell’associazione Aprimondo Centro Poggeschi (che si occupa anche della sensibilizzazione e della raccolta di aiuti per contribuire a sostenere la missione di Franco Martellozzo, gesuita che opera in Ciad dal 1963).

La scuola è animata da una quarantina di insegnanti volontari - prevalentemente studenti universitari che offrono uno o più anni di servizio - e accoglie annualmente fra i 150 e i 200 allievi: all’inizio gli studenti erano esclusivamente pakistani, ma presto si aggiunsero numerosi bangladesi e poi, via via, migranti di molti altri Paesi. Nel corso degli anni l’utenza si è progressivamente modificata fino a caratterizzarsi per una forte, se non prevalente, presenza di donne e per la grande diversificazione dei Paesi di provenienza.

Se tante donne lavoratrici affiancano oggi compagni di scuola maschi nelle diverse «classi miste», un piccolo grande successo della scuola è stata l’accoglienza di molte casalinghe, donne letteralmente «tutte casa e famiglia», che sono state inserite in progetti studiati su misura (nella foto): classi solo al femminile, comprese le insegnanti, dove si impara a «masticare l’italiano» scambiandosi ricette e preparando piatti di cucina italiana, pachistana, maghrebina, ecc. e imparando «sul campo» le parole che raccontano le varie cucine: da «riso» a «pasta», passando per «pollo» e «carne», ma anche da «peperoncino» ad «harissa» e da «pizza» a «cous cous»: in pratica si fa intercultura davanti ai fornelli e insieme s’impara l’«italiano da mangiare» (ma non solo).

La scuola offre agli studenti percorsi diversificati sulla base dell’effettiva conoscenza dell’italiano: le classi di principianti assoluti si affiancano a quelle di studenti con maggiore padronanza della lingua, che in alcuni casi frequentano la scuola per il secondo o il terzo anno; la gran parte degli studenti arriva però solo a una conoscenza intermedia dell’italiano, sufficiente per affrontare l’esame che serve per poter avere il permesso di soggiorno di lungo periodo. Da un anno all’altro la scuola si rinnova così quasi completamente per quanto riguarda gli studenti e in gran parte anche per quanto riguarda gli insegnanti, tanto che una delle esigenze più sentite è la formazione dei nuovi volontari: a tale scopo Aprimondo organizza insieme ad altre scuole volontarie presenti a Bologna corsi di formazione con la partecipazione di docenti esperti nell’insegnamento dell’italiano L2, cioè come lingua seconda.

Nei mesi scorsi il tema della cittadinanza ha molto coinvolto i volontari e gli allievi della scuola. All’interno del comitato bolognese per la raccolta delle firme a sostegno della campagna «L’Italia sono anch’io», Aprimondo ha contribuito in particolare raccogliendo e diffondendo interviste fatte ad alcuni studenti della sua scuola: cittadini entusiasti e orgogliosi di vivere in Italia che hanno imparato o migliorato il loro italiano al Centro Poggeschi e a cui manca ormai «solo» il permesso di lungo periodo o, finalmente, la cittadinanza italiana.
Mauro Innocenti
© FCSF – Popoli