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Costa d’Avorio, la crisi continua
10 marzo 2011
«Non credo uscirà qualcosa di buono dall’incontro di oggi ad Addis Abeba. Già il fatto che Laurent Gbagbo non sia andato di persona, ma abbia mandato una sua collaboratrice, significa che non verrà firmata nessuna intesa di rilievo». È pessimista il religioso cattolico, che vive ad Abidjan e vuole mantenere l’anonimato, contattato da Popoli.info. A suo parere neanche questo incontro porterà a una soluzione della crisi iniziata subito dopo le elezioni presidenziali che si sono tenute il 28 novembre.

Entrambi i contendenti, Gbagbo e il suo sfidante Alassane Ouattara, si sono dichiarati vittoriosi. Ed entrambi hanno nominato un governo. Con il risultato paradossale che il Paese, da dicembre, si trova con due presidenti e due governi. Non solo, ma la Costa d’Avorio sta precipitando in una spirale di violenza simile a quella che aveva diviso in due il Paese dopo il fallito tentativo di golpe nel 2002.

La comunità internazionale (e in particolar modo gli Stati Uniti e la Francia) hanno, a più riprese, chiesto a Gbagbo di rassegnare le dimissioni e hanno appoggiato apertamente Ouattara. Ma Gbagbo continua a rimanere in sella. E neanche le mediazioni portate avanti dall’Unione africana e dai Paesi dell’Africa occidentale sono riuscite a smuoverlo. «Incidenti si sono verificati ad Abidjan, ma anche in altre parti del Paese - continua la nostra fonte -, sono ormai centinaia le vittime di uno scontro insensato tra Gbagbo, ancorato ai vecchi schemi discriminatori del potere delle etnie, e Ouattara, una persona con grande esperienza internazionale e che sta cercando di costruire un Paese moderno».

La situazione è talmente instabile che la comunità dei gesuiti dell’Istituto di teologia di Abidjan, che si è riunita il 25 febbraio per valutare l’impatto di questa crisi sulle sue attività, ha deciso di sospendere i corsi per l’intero mese di marzo. Gli studenti del primo e del secondo anno sono stati inviati in Ghana per seguire i corsi che non possono più frequentare in Costa d’Avorio. Mentre gli studenti del terzo anno sono rimasti e continuano a portare avanti i loro studi. C’è molta apprensione tra i superiori della Compagnia di Gesù perché solo due dei 47 gesuiti di Abidjan sono ivoriani. E quindi c’è il rischio che il vento di discriminazione sollevato da Gbagbo nei confronti di chi non è ivoriano possa colpire anche i religiosi. I padri gesuiti della Comunità di Abidjan fanno però sapere di non avere alcuna intenzione di abbandonare il Paese. «Gli ivoriani - osservano - si aspettano che i religiosi stiano loro vicini in questa fase politica difficile. E noi non vogliamo deluderli».

«Gbagbo - continua la nostra fonte - dovrebbe guardare al Nord Africa. Gli ivoriani non sono insensibili alla voglia di libertà e di democrazia che ha ispirato quei popoli. E non tollereranno a lungo un’altra presidenza come quella che ha governato il Paese dal 2000».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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