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Egitto, Morsi si incorona faraone
28 novembre 2012
L’Egitto sta per sprofondare in una guerra civile? Si prospetta uno scontro tra i partiti e i movimenti laici che hanno dato vita nel 2011 alla Primavera araba e il blocco islamico composto da Fratelli musulmani e salafiti? Le tensioni sono molto forti e le manifestazioni in piazza Tahrir di oggi lo dimostrano, ma forse è prematuro parlare di conflitto civile.

La molla che ha fatto scattare la protesta è stata l’avocazione a sé da parte del presidente Mohammed Morsi di alcune prerogative del potere giudiziario. Che il sistema giudiziario egiziano necessiti di una profonda riforma è indubitabile. La corruzione è a livelli altissimi e manca una tradizione di indipendenza. Queste nuove prerogative darebbero al presidente un ruolo di preminenza assoluta nel sistema politico perché già esercita i poteri esecutivo e legislativo. Il blocco laico lo accusa di aver tentato un colpo di mano sfruttando la popolarità che il presidente si è conquistato in questi ultimi mesi grazie all’accordo con il Fondo monetario internazionale e alla mediazione nella crisi tra Israele e Gaza.

«Che il presidente Morsi e i Fratelli musulmani abbiano messo le mani sulla Primavera araba è un fatto - spiega padre Henri Boulad, gesuita, studioso delle dinamiche politiche del suo Paese -. La Fratellanza è un movimento radicale che può anche diventare violento. Tutto dipende dagli Stati Uniti. Sono loro che hanno sostenuto la rivoluzione e sono loro che appoggiano sia Morsi sia le forze armate, l’unico vero contropotere al presidente». In Medio Oriente, Washington ha bisogno di un forte alleato che ne difenda gli interessi nella guerra non dichiarata contro l’Iran e le milizie ad esso collegate (come i libanesi di Hezbollah). «Credo che per il momento - continua il gesuita - gli Usa continueranno a sostenere Morsi per difendere il loro alleato in quello scacchiere. L’unica alternativa a Morsi è appunto l’esercito, che da anni si sostiene grazie ai finanziamenti statunitensi. Solo una rivolta guidata dalle forze armate potrebbe mettere fine al governo dei Fratelli musulmani. Il rischio però è che scoppi una guerra civile. Sarebbe orribile per il Paese. Le forze armate sarebbero contrapposte alle milizie islamiche. Quelle milizie che si teme si stiano preparando in vista di possibili scontri».

Intanto l’economia egiziana non è ripartita dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak. La disoccupazione maschile supera il 10% e quella femminile sfiora il 60%, il debito estero ha toccato i 34 miliardi di dollari e il 20% della popolazione continua a vivere sotto il livello di povertà. E le nuove tensioni potrebbero peggiorare ulteriormente la situazione allontanando gli investitori stranieri e i turisti (il turismo è una delle principali fonti di valuta straniera del Paese). «All’annuncio che Morsi avrebbe assunto poteri anche in campo giudiziario - spiega Awad Basseet, giornalista egiziano - la Borsa del Cairo ha “bruciato” 30 miliardi di dollari perdendo nella sola giornata di domenica il 10%. Questo è il vero punto debole del presidente. Sta perdendo molti consensi proprio perché finora non ha saputo dare risposte razionali alla crisi economica che sta attraversando il Paese. Le frasi fatte e gli slogan non servono a portare benessere».

Il blocco dei partiti liberali e di sinistra è sceso in piazza per protestare. «Il blocco liberale - conclude Boulad - è troppo debole, non ha la forza di scalfire la solida alleanza tra Fratelli musulmani e formazioni salafite. In questo scontro i cristiani sostengono con convinzione il blocco liberale. Gli attacchi alle chiese, ai negozi e alle aziende dei copti, li hanno terrorizzati. Sanno che, come è già successo in passato, con i musulmani integralisti al potere il rischio è di diventare cittadini di serie B, senza alcun diritto».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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