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L'Egitto verso il ballottaggio
5 giugno 2012
«Il rischio è che, caduto il regime Mubarak, ne nasca un altro di matrice islamica che escluda dal potere chiunque non sia musulmano. Se vinceranno i Fratelli musulmani temo ci aspetteranno decenni di integralismo religioso e di intolleranza». A parlare è un esponente della comunità copta in Italia. Nelle sue parole c’è l’apprensione, comune a molti suoi correligionari in patria e all’estero, per la possibile affermazione di un candidato di ispirazione religiosa alle elezioni presidenziali.

Al primo turno, che si è tenuto il 28 maggio, i più votati sono stati Mohammed Morsy, candidato di Libertà e Giustizia (emanazione diretta dei Fratelli musulmani), con 5.764.952 voti (24,8%); e Ahmed Shafiq, ex premier di Mubarak ed ex alto ufficiale dell’Aeronautica militare, con 5.505.327 (23,7%). Saranno loro ad affrontarsi al ballottaggio che si terrà il 16 e il 17 giugno. Il timore dei cristiani (che rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana) è che su Morsy convergano anche i voti delle formazioni salafite e di chi, al primo turno, ha votato Moneim Aboul Fotouh, candidato di ispirazione musulmana che però si è distaccato dalla Fratellanza. Se ciò avvenisse, dopo l’affermazione nelle elezioni legislative (un processo inziato il 30 novembre e terminato il 4 marzo), i partiti musulmani conquisterebbero anche la presidenza della Repubblica.

I copti non sono andati alle urne compatti. «Nessuno, né i responsabili delle comunità né, tanto meno, il clero ha dato “ordini di scuderia” - continua la nostre fonte, che chiede l’anonimato -. Probabilmente la maggioranza di noi ha scelto Ahmed Shafiq che, pur essendo un esponente del vecchio regime, offre maggiori garanzie di laicità dello Stato. Ma ho amici e conoscenti che hanno votato Amr Moussa, ex presidente della Lega Araba, e Hamdeen Sabbahi, socialista nasseriano. Anche al ballottaggio nessuno darà indicazioni, anche se credo che questa volta il voto si concentrerà su Shafiq».
Non tutti però la pensano così. «Io non voterò - osserva Magdi Sulaiman, copto, giornalista di una testata Web egiziana -. Alle urne sarei costretto a scegliere tra un fondamentalista musulmano e un esponente del vecchio regime. Chiunque vincerà non farà il bene del Paese e non lavorerà per creare un’autentica democrazia. A dispetto di quanto sostengono molti commentatori, sono convinto che vincerà Shafiq. Ha l’appoggio di tutto il blocco laico e, soprattutto, dei militari. Lui stesso è un ex generale e rappresenta una garanzia per le Forze armate».

Proprio lo Forze armate rappresentano il convitato di pietra di queste elezioni presidenziali, il soggetto in grado di spostare consensi e determinare la vittoria di un candidato piuttosto che un altro. «Quando Mubarak ha realizzato che non ce l’avrebbe più fatta a contenere la protesta - spiega Ashraf Ramelah, responsabile di Voices of the Copts, un’organizzazione dei copti in esilio - ha sottoscritto un accordo sottobanco con i militari per poter traghettare il Paese, salvaguardando gli interessi delle Forze armate (che in Egitto controllano un terzo dell’economia nazionale) e quelli del vecchio regime. I militari però hanno poca esperienza politica anche perché Mubarak non ha mai permesso loro di partecipare alla vita politica egiziana. Così, conclusa la fase più acuta della rivolta, proprio i generali hanno siglato un altro accordo segreto con la Fratellanza musulmana: gli interessi dei militari non vengono toccati e ai Fratelli musulmani viene concessa la possibilità di accedere al potere. Questo equilibrio ha retto fino alle elezioni parlamentari. La vittoria alle urne ha fatto sì che la Fratellanza si sentisse più forte e mettesse in discussione gli accordi con i militari, minacciando la loro autonomia. Le Forze armate si sono quindi allarmate e hanno iniziato a operare per limitare il potere dei Fratelli musulmani. Shafiq, che è un ex militare, è stato candidato proprio in funzione anti-Fratellanza».

I copti però sono preoccupati per la possibile vittoria di Morsy. «La vittoria di Morsy preoccupa molto anche i musulmani moderati - sostiene la nostra fonte all’interno della comunità copta in Italia -. Nella sua ormai quasi secolare storia, la Fratellanza non ha mai avuto posizioni chiare e, soprattutto in campo politico, ha sempre tenuto una linea ambigua. Sono stati alleati con gli inglesi, con re Faruk, dalle loro fila sono nati i movimenti islamici più radicali. I Fratelli musulmani sono stati abili, in questi ultimi mesi, a prendere le distanze dal vecchio regime, ma non si può non dimenticare come proprio i Fratelli musulmani abbiano condiviso il potere con Mubarak. Nel 2005 i loro candidati ottennero il 17% dei suffragi alle elezioni parlamentari e quei voti sostennero il vecchio rais per molto tempo. Come dimenticare che, ancora nel 2010, proprio la Fratellanza rifiutò il sostegno a Kamal Mubarak, ma confermò il proprio sostegno al padre Hosni? Speravamo che il partito Libertà e Giustizia, pur essendo nato da una costola della Fratellanza, diventasse autonomo e si muovesse in modo indipendente. Invece il legame è rimasto molto forte e, purtroppo, il partito è diventato una mera appendice del movimento. Se vinceranno ci aspettano anni difficili, l’Egitto sarà governato da un gruppo di potere solido e arroccato sull’estremismo religioso».

Il timore dei copti è che, una volta al potere, il presidente Morsy possa introdurre la legge islamica. «Se introducessero la sharia nella sua versione più integrale - osserva preoccupato Ashraf Ramelah - verrebbero applicate pene medievali in campo penale: come il taglio della mano ai ladri, la lapidazione delle adultere, ecc. Ma soprattutto potrebbe essere introdotta una legge sulla blasfemia simile a quella pachistana. In questo modo, chiunque può essere accusato di bestemmiare Allah solo perché ha parlato in modo critico dell’islam». «Non credo che avranno il coraggio di applicare la sharia in modo così rigoroso, almeno nei primi due o tre anni di potere - sostiene Magdi Sulaiman -. I Fratelli musulmani sanno che se lo facessero si alienerebbero le simpatie degli Stati Uniti e dell’Europa. Quindi aspetteranno. Credo però che, successivamente, elementi della legge islamica verranno introdotti. Non so quali conseguenze potrebbero esserci per i cristiani. Forse aumenterà l’emigrazione».

Come reagiranno i copti a un’eventuale vittoria di Morsy? «Semplicemente non reagiranno - conclude la nostra fonte nella comunità copta italiana -. Non saranno prese iniziative. Anche se ormai nelle nostre comunità si assiste sempre di più a una spaccatura tra la componente più anziana, che non vuole creare tensioni, e quella più giovane, che è più combattiva e vorrebbe reagire a ogni provocazione musulmana».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli