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MILANO/ Dai banchi alla solidarietà
2 maggio 2012
«Oltre a insegnare la lingua italiana formiamo cittadini, capaci di integrarsi a tutti gli effetti»: Anna Cimoli, una volontaria della scuola di italiano di via Timavo, a Milano, svela subito l’intento programmatico della scuola fondata dalla Comunità di Sant’Egidio. Le classi sono molto numerose ed eterogenee per provenienza geografica, ma l’impressione è che tutti gli studenti pendano dalle labbra dei loro insegnanti. Ognuno può intervenire, ma rigorosamente in italiano. Non esistono classi monoetniche perché questo risparmierebbe agli studenti la fatica di capire la lingua in un contesto simile a quello reale, in cui conoscere l’italiano è l’unico modo di rapportarsi con gli altri.

Del resto tutta la metodologia di insegnamento risponde alle necessità della vita pratica. Specialmente nella classe di livello «impatto», che riunisce gli studenti alle prime armi. Qui gli stranieri imparano a destreggiarsi in situazioni di vita quotidiana, come una visita medica o la spesa al supermercato. Nelle classi di livello più avanzato vengono trattati anche temi sociali e di educazione civica, e si leggono insieme alcuni testi fondamentali della letteratura italiana.

OBIETTIVO LAVORO
I volontari di Sant’Egidio, però, non sono «solo» insegnanti; lavorano con lo scopo di creare amicizie e legami duraturi. Continua Anna: «Con gli studenti c’è un rapporto informale e spesso si crea un forte legame: ci troviamo ad affrontare insieme momenti difficili e cerchiamo di accompagnare queste persone lungo tutto il loro percorso di inserimento in Italia».
Il suono della campanella sancisce la fine della prima parte delle lezioni e ne approfittiamo per chiacchierare con qualche studente. Julia, originaria del Perù, è in Italia da 4 anni: «Tra poco arriveranno i miei figli in Italia e io ho bisogno di perfezionare la mia scrittura per aiutarli nella scuola. Sarà difficile anche per loro». Babul, invece, è nato in India ed è nel Belpaese da un decennio: «Io sto studiando perché voglio ottenere una certificazione di conoscenza dell’italiano, in modo da poter trovare un lavoro migliore».

I documenti di cui parla Babul sono il Celi e il Cisl, due certificazioni di conoscenza dell’italiano rilasciate rispettivamente dall’Università di Perugia e da quella di Siena. Queste due certificazioni si articolano in più livelli e sono creati sul modello del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (Qcer). Ogni livello attesta una competenza linguistico-comunicativa progressivamente più ampia e coincide con un grado di capacità comunicativa adeguato a specifici contesti sociali e professionali. Gli esami, pertanto, non solo verificano una raggiunta competenza linguistica, ma anche il relativo percorso di inclusione degli studenti.

Terminato l’intervallo, chiediamo agli studenti di indicarci il signor Del Zanna, il responsabile della scuola. Nessuno sa rispondere, finché qualcuno intuisce: «Intendi Giorgio?» e ci indirizza verso un’aula. Qui la lezione è già iniziata e ci sediamo in disparte. Giorgio propone un esercizio di comprensione scritta tratto dal libro fornito gratuitamente da Sant’Egidio. Vuole che gli studenti si immergano totalmente nelle situazioni perché «apprendere una lingua è come imparare a nuotare, bisogna buttarsi!».

CITTADINANZA E RELAZIONI
Giorgio ci mostra orgoglioso Tabulè, il giornale dei nuovi italiani, creato nel 2010 dagli insegnanti e dagli studenti della scuola: «Tabulè nasce come strumento di cittadinanza, un modo con cui gli stranieri prendono la parola. Attraverso articoli e interviste raccontano la città e il mondo dal loro punto di vista. Questo giornale nasce anche come strumento di collegamento tra le scuole sparse a Milano, per creare una rete. Tabulè prende il nome da un tipico piatto libanese, un cous cous cucinato con una grandissima varietà di ingredienti: ci piaceva questa idea di pluralismo che diventa convivenza».

Il giornale, come tutte le attività della scuola, viene finanziato dagli stessi volontari e da privati. «Non c’è mai stata una particolare attenzione da parte del Comune nei confronti delle scuole di italiano per stranieri, anche se la nuova giunta è molto attenta alle tematiche sociali e ci aspettiamo un aiuto. Per noi sarebbe molto utile ricevere finanziamenti per potenziare questo servizio. Attualmente siamo in grado di accogliere ogni anno circa 500 studenti, a fronte di oltre 2mila richieste».

Ma la scuola è solo il punto di partenza di un progetto ben più ampio promosso da Sant’Egidio, chiamato «Genti di Pace»: un movimento formato da stranieri che lavorano in un’ottica di cittadinanza attiva, impegnandosi nel sostegno agli anziani e in altre attività socialmente utili (cfr Popoli, n. 2/2012). «È chiaro che l’integrazione si realizza con il lavoro, con i documenti e con la cittadinanza legale - spiega Giorgio -, ma se poi non costruisci relazioni che orientano la tua vita in modo significativo, non puoi chiamare questo posto “casa”».
Stefano Ciardi

© FCSF – Popoli