Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Primo piano
Cerca in Primo Piano
 
Mine antiuomo: la mezza promessa degli Usa
3/07/2014
Il recente annuncio fatto dagli Stati Uniti di una possibile adesione al Trattato di Ottawa che mette al bando le mine antiuomo è stata la notizia più importante della conferenza internazionale che si è tenuta a fine giugno a Maputo (Mozambico). Durante la conferenza un migliaio di rappresentanti di governi e Ong hanno fatto il punto della situazione sulla eliminazione di queste armi.

«La dichiarazione fatta dall’ambasciatore americano in Mozambico è un passo positivo verso il bando delle mine - osserva Mitzi Schroeder, responsabile per le campagne e le attività di advocacy del Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jrs) negli Usa -. Ma il Jrs è deluso dal fatto che gli Stati Uniti hanno ancora circa 3 milioni di mine antiuomo nei loro depositi e che si riservano il diritto di utilizzarle in qualsiasi momento». Gli Usa, infatti, considerano utilizzabili le scorte fino alla loro scadenza. Ma il segnale è promettente, dato che la prima superpotenza militare è stata finora l’unica democrazia (insieme all’India) a non aderire al Trattato.

La Convenzione di Ottawa del 1997 per la proibizione dell’uso, stoccaggio, produzione e vendita di mine anti persona è entrata in vigore nel 1999 e vi hanno aderito 161 Paesi (di 133 firmatari). In  numerosi conflitti degli ultimi decenni, dalla Cambogia, alla Bosnia a numerosi Paesi africani, le popolazioni civili hanno subito enormi sofferenze per il loro impiego. Le mine mietono vittime per anni dopo la fine di un conflitto e rendono inutilizzabili vasti territori. Il Trattato è stato lo strumento più efficace per liberare gran parte del mondo da questo tipo di armi.

Da quando il Trattato è in vigore, 27 Stati si sono dichiarati privi di mine. Lo stesso Mozambico, dove la guerra civile è finita nel 1992, sta per completare le bonifiche. Negli ultimi cinque anni quasi mille chilometri quadrati sono stati bonificati e 47 milioni di mine nelle scorte sono state distrutte. Finora solo lo Yemen ha ammesso di avere violato il Trattato, con l’impiego di mine nel 2011-2012 da parte di alcuni reparti dell’esercito.

La Campagna per il bando delle mine, che nel 1997 vinse il Nobel per la Pace, continua a tenere alta l’attenzione sul problema, spinge i Paesi non aderenti a firmare la Convenzione e tutti gli Stati a mantenere gli impegni sui tempi di smaltimento. Il Jrs è parte attiva della Campagna. «Abbiamo aderito - spiega Christian Fuchs, che nel Jrs Usa è responsabile delle comunicazioni - firmando petizioni per l’Amministrazione e il Congresso, pubblicizzando eventi e, in generale, sensibilizzando l’opinione pubblica con una serie di attività. Soprattutto abbiamo collaborato con il Jrs della Cambogia, che è più direttamente coinvolto per la tragedia di tante vittime in quel Paese, portando la loro voce negli Stati Uniti».

«L’amministrazione Obama - continua Mitzi Schroeder - ribadisce l’intenzione di lavorare per arrivare a un’adesione al Trattato. Riteniamo che la riflessione su questo tema da parte loro sia andata avanti anche troppo e vorremmo vedere azioni concrete per una rapida adesione». Per quanto riguarda le mine prive di meccanismi di autodistruzione, il bando negli Usa è già una realtà ed è in corso lo smaltimento. Da circa vent’anni Washington non impiega queste armi. Ma restano le enormi scorte di mine che si autodistruggono con il tempo.

Ancora oggi si registrano in media dieci vittime al giorno, uccise o menomate. L’obiettivo che si è data la conferenza di Maputo è di azzerare il numero di nuove vittime entro dieci anni. Se la decisione di Washington è, di fatto, la formalizzazione di una politica in corso da alcuni anni, le scorte non ricostituite si deterioreranno progressivamente fino a essere inutilizzabili nel giro di vent’anni. «È un tempo di attesa troppo lungo - conclude Mitzi Schroeder -. Gli Usa dovrebbero impegnarsi a distruggere del tutto questo arsenale e non solo a tenerlo in naftalina».
© FCSF – Popoli