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Nigeria, tra violenza e riconciliazione
2 maggio 2011
Mons. Matthew Kukah, chi è stato protagonista delle violenze più recenti?
Nelle scorse settimane, il Nord della Nigeria è stata travolto dalla violenza. Non è un evento eccezionale, perché in questa regione del Paese ci sono spesso rigurgiti di violenza per questioni anche di poca importanza. Si sono verificati, omicidi e distruzioni provocati principalmente da giovani musulmani. La cosa più triste è che queste distruzioni negli ultimi vent’anni sono state dirette contro le chiese e contro i negozi e le aziende dei cristiani. Recentemente i giovani cristiani hanno spesso iniziato a rispondere alle violenza con la violenza prima per difendere gli edifici sacri, le abitazioni e le proprie attività, poi con vere rappresaglie. Con amarezza notiamo come i musulmani hanno attaccato le chiese in risposta a eventi in cui i cristiani nigeriani non c’entravano nulla: le selezioni di miss Mondo in Nigeria, le vignette satiriche danesi su Maometto, le elezioni politiche o presidenziali, ecc.
L’ultima crisi è proprio stata dettata da questioni politiche ed è stata scatenata dai membri del Congress For Progressive Change, un partito nuovo guidato da Muhammadu Buhari, un generale in pensione che ha rivestito la carica di capo di Stato per due anni (1983-1985). È popolare perché ha cercato di governare con rigore e disciplina il Paese e perché si dice non sia corrotto. Nel 2003 e nel 2007 si è candidato alla presidenza, ma entrambe le volte ha perso. In queste elezioni, i suoi sostenitori pensavano potesse vincere grazie al suo programma contro la corruzione, che è diffusissima. La sua sconfitta ha acceso la violenza. Il primo obiettivo dei sostenitori di Buhari sono state di nuovo le chiese, le abitazioni e le attività commerciali dei cristiani. Solo successivamente, la violenza si è diretta contro i leader politici e le sedi del partito di maggioranza. Gli scontri si sono concentrati in alcune città del Nord: Kano, Katsina, Zaria e Kaduna.

Quindi la religione non è stata la scintilla che ha acceso le violenze?
Sulla carta sarei tentato di dire che la religione non ha nulla a che vedere con le violenze. Poi se analizziamo la situazione con attenzione notiamo che molti leader musulmani continuano a predicare la violenza anticristiana. I musulmani del Nord poi continuano a trattare i non musulmani con un disprezzo tale che non riescono neppure a immaginare che il Paese sia governato da un non musulmano. Inoltre nel Nord i cristiani devono convertirsi all’islam se vogliono essere assunti negli uffici pubblici o vogliono fare carriera politica. Quindi, a ben vedere, la questione religiosa è importante e discriminatoria.

La gente comune come ha reagito alle violenze?
La popolazione è, allo stesso tempo, vittima e colpevole delle violenze. Però devo ammettere che sono sorpreso di come la gente sia anche capace di curare le ferite della violenza. Sono appena rientrato a Kano dalle regioni meridionali dove sono nato. Nel tornare ho portato con me riso, mais e altri generi alimentari da distribuire ai musulmani che si sono visti bruciare la casa nelle rappresaglie dei cristiani. I musulmani sono venuti a casa mia e per alcuni giorni ho ospitato cinque famiglie islamiche. Le famiglie cristiane del mio villaggio hanno accolto bene i musulmani, nonostante le violenze dei giorni precedenti, e hanno condiviso con loro i pochi generi alimentari che avevano. Ho poi parlato con il responsabile locale dei musulmani che mi ha detto di aver apprezzato il fatto che abbiamo distribuito generi alimentari e che ciò li ha commossi. La comunità cristiana ha anche iniziato a raccogliere fondi per aiutare le cinque famiglie a ricostruire le loro abitazioni. In un certo senso ciò è triste perché dimostra come la gente comune desideri solo vivere la propria vita in pace. Ma, come un anziano ha detto alcuni anni fa dopo una violenta rivolta politica che gli aveva distrutto la casa: «La politica ha rovinato il nostro Paese». Speriamo e preghiamo affinché la politica ora lavori per la riconciliazione.

Lei crede che il nuovo presidente sarà in grado di farlo?
Credo che Goodluck Jonathan lavorerà per riconciliare la comunità musulmana con quella cristiana. Dovrà farlo cercando di combattere le discriminazioni contro donne, disabili e membri dei gruppi religiosi minoritari e creando anche nuove infrastrutture. Il Paese sarà riconciliato solo quando la popolazione avvertirà cambiamenti positivi nella propria vita e, in particolare, quando vedrà che si sta affrontando il problema della povertà che è tuttora il combustibile che alimenta la scintilla dell’instabilità politica e sociale. Non è un caso che le rivolte scoppino al Nord dove vive la popolazione musulmana che è tuttora quella con la scolarizzazione minore e con i tassi di povertà maggiori del Paese. La riconciliazione non potrà avere successo se non si affronta alla radice anche il problema della corruzione che è così diffuso nel Paese.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli