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Sudan, al-Bashir in pericolo?
3 febbraio 2011
Dopo la Tunisia e l’Egitto, anche il Nord del Sudan potrebbe infiammarsi. A fare da detonatore gli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità, lievitati soprattutto a causa della crisi economica. In pochi mesi il costo della benzina è aumentato del 35% e, a cascata, sono quasi raddoppiati i generi di prima necessità. In queste condizioni l’inflazione ha colpito pesantemente la moneta sudanese. Prima un dollaro valeva 2,5 pound, ora è salito a 3,5. L’euro da 3,6 è passato a 4,1. Chi ha un conto in banca in valuta estera non può più ritirarla. Gli aumenti hanno colpito tutta la popolazione, ma in particolar modo le fasce più povere, che rappresentano circa il 70% della nazione. «Più che la politica - confida un osservatore -, è la fame che muove la popolazione. Prima un operaio viveva con il salario di 200 pound al mese, oggi non ce la fa più».

Così, domenica scorsa, seguendo le parole d’ordine lanciate attraverso i social network (in particolare Twitter e Facebook) sono scesi in strada migliaia di giovani a Omdurman e a Khartoum, ma anche nella città di Kassala (ai confini con l’Eritrea). I ragazzi si sono scontrati con la polizia e almeno uno studente sarebbe morto per le percosse subite e una decina sarebbero i feriti gravi. I giovani chiedevano più democrazia e le dimissioni del presidente Omar Hassan al-Bashir.

Proprio il presidente si trova in una posizione particolarmente delicata. Oltre all’aumento dei prezzi, infatti, deve far fronte alla secessione delle regioni meridionali, sancita dal referendum che si è tenuto il 7 gennaio e nel quale il 99% dei votanti hanno detto sì all’indipendenza. La secessione ha indebolito la sua posizione, soprattutto nei confronti delle frange più estremiste del suo esecutivo, che gli hanno sempre fatto pesare l’eccessiva arrendevolezza nei confronti del Sud. E proprio queste frange, sfruttando la situazione di instabilità creata dai manifestanti, potrebbero tentare un golpe.

«È difficile prevedere cosa succederà nei prossimi giorni – spiegano i responsabili di “Campagna Sudan”, un network di associazioni italiane impegnate per la promozione della pace nel Paese -. Alcuni analisti sottolineano le differenze tra la situazione sudanese e quella egiziana e sostengono che un cambio di regime sia impensabile. Certo la situazione è in evoluzione. Ci si può solo augurare che l’evoluzione avvenga sul piano politico».

© FCSF – Popoli
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