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"Una voce salda e dissetante": un ricordo dall’India
6 settembre 2012

Il mio ricordo del cardinal Martini risale alla fine degli anni Ottanta quando lo incontrai al collegio Bellarmino dei gesuiti a Roma. Venne in visita alla comunità dei gesuiti e condivise la sua esperienza di vita e di lavoro a Milano con uno stile molto semplice e diretto. Lo dico con franchezza, perché il cardinal Martini ci parlò in italiano e posso dire di averlo capito. Ricordo chiaramente il suo racconto della Cattedra del dialogo che aveva avviato nella sua arcidiocesi, con diversi gruppi di persone: studenti, lavoratori immigrati, persone di altre tradizioni (comunisti compresi), ecc. Semplicemente quelle parole risuonavano come un nuovo modo originale di essere pastore!
Leggerlo e ascoltarlo, in particolare i suoi approfondimenti dei testi biblici, è sempre stata un’esperienza di gioia. La parola dei Vangeli si faceva più viva e dissentante nelle sue mani. Le sue interpretazioni e il suo stile avevano una profondità e una immediatezza che sapevano rendere la Parola attraente ai lettori di ogni religione e tradizione. Le sue prese di posizione nella Conferenza episcopale italiana rispetto ai lavoratori immigrati in Europa furono una voce salda e che si differenziava in modo coinvolgente. La sua visita in India per familiarizzare con le altre tradizioni religiose dimostrò un’ampiezza di visione che oggi è ancora più percepibile per la sua assenza. In lui l’essere cristiano nel senso dell’adesione ai valori del perdono, della compassione e della giustizia è stato più vivo dell’essere cristiano nel senso del legame alle istituzioni e al potere; la semplicità ha sorpassato l’ufficialità e la prospettiva del Vangelo ha eclissato la rigidità della dottrina.
Se posso parafrasare Rabindranath Tagore, ogni volta che appaiono simili esempi, riconosciamo che Dio non è deluso di noi esseri umani.

George Pattery SJ
Teologo ed ex superiore dei gesuiti di Calcutta e del Bangladesh

© FCSF – Popoli