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Il Superiore generale dei gesuiti: "Martini, uomo libero e creativo"
6 settembre 2012

A Milano per le esequie del cardinale Carlo Maria Martini, il 3 settembre il Superiore generale dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás SJ, ha incontrato la redazione di Popoli, condividendo il proprio ricordo personale del gesuita che è stato arcivescovo di Milano e alcune riflessioni su ciò che padre Martini ha rappresentato per i gesuiti e per la Chiesa di oggi. Anticipiamo una parte dell’intervista, che sarà pubblicata integralmente sul numero cartaceo di ottobre di Popoli.

Che cosa ci lascia il cardinal Martini con il suo insegnamento?
Il cardinale era un uomo che ha avuto un grande influsso, non soltanto nella Chiesa e nella Compagnia di Gesù. Come si sa, noi gesuiti non siamo molto contenti quando uno di noi diventa vescovo. L’idea di sant’Ignazio era che potessimo servire meglio la Chiesa senza assumere cariche, per essere più liberi di lavorare. Il caso di Martini è uno di quelli in cui, sul lungo periodo, si vede che la sua nomina ad arcivescovo ha reso un servizio alla Chiesa molto importante, un servizio di apertura, di dialogo, con una pastorale molto spirituale e profonda, ma allo stesso tempo molto vicina alla gente. È per questo, ad esempio, che tanti giovani andavano in Duomo a pregare quando organizzava incontri di lectio divina.
È stato anche un uomo molto creativo che ha messo a disposizione tutta la sua preparazione, la sua spiritualità e la sua conoscenza della Bibbia al servizio del popolo di Dio. La fonte della sua creatività viene dal fatto che era un uomo davvero attento ai problemi degli altri, libero dalle preoccupazioni per se stesso. Di recente ho letto una biografia di Steve Jobs. Sosteneva che il suo punto di partenza era occuparsi sempre delle domande dei clienti, più che di quelle dei produttori: questi ultimi pongono questioni tecniche (quali materiali usare, come assemblare una macchina, ecc.). Per lui, invece, erano importanti le questioni dei clienti, le domande degli utenti: come si usa uno strumento? Come si ascolta? Con chi voglio connettermi? Queste sono gli interrogativi che contano. In un certo senso anche per Martini era così: certamente era attento, come rappresentante della Chiesa, alla sua tradizione e, proprio per questo, si domandava anche: «Di che cosa ha bisogno la gente? Che cosa è necessario oggi? Come si può parlare ai giovani, ai non credenti, agli agnostici, agli atei? Quali sono i loro problemi?». Intendeva partire da qui. Questo lo ha reso così creativo e aperto.

Quali domande ha posto e con quale linguaggio?
Padre Martini è stato per molti gesuiti un modello per il modo in cui sapeva porsi interrogativi, non limitandosi a quelli che consentono risposta facile. Sapeva porre le domande importanti, che non hanno mai risposte definitive, perché riguardano il mistero di Dio - il mistero dei misteri -, il mistero della persona umana, il mistero della storia. Questioni che restano aperte. Credo che fosse il cardinal Ratzinger, in un libro di molti anni fa sulla fede, a scrivere che tutte le affermazioni teologiche hanno un valore che si approssima soltanto alla verità, perché cercano di rispondere a grandi domande che non hanno una definizione ultima. Come si può definire Dio? E la persona umana? La persona invece è libera, ha cuore, sentimenti, libertà. Resta aperta. Le questioni che hanno a che fare con le persone e soprattutto con i gruppi umani restano soggette alla libertà, alla ricerca, all’apertura. Padre Martini era consapevole di questo e ciò lo rendeva una persona mai soddisfatta delle risposte limitate.
Come presentare questo in maniera organica all’interno della Chiesa, poi, è un problema diverso, di comunicazione. C’è sempre qualcuno che cerca di andare a colpire un’espressione inesatta o che non condivide. Anche Marshall McLuhan, il grande esperto di comunicazione, diceva con una certa ironia: «A volte citano mie frasi per usarle contro di me, ma la gente deve capire che non sempre sono d’accordo con me stesso». Significa che le cose cambiano, ci sono sfumature, aspetti che mutano. E naturalmente anche le persone.

© FCSF – Popoli