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Edelawitt diventa maggiorenne
Sono rifugiata in Italia dall’età di 8 anni. Oggi ne ho 18. Dell’Etiopia mi ricordo la paura che da un momento all’altro potesse scoppiare la guerra. Ricordo mio padre. Io ero la sua preferita. La più piccola, quella con cui giocare e fare belle passeggiate.
In Italia non siamo arrivati tutti insieme. Prima mia madre con mia sorella maggiore. Dopo due anni io e gli altri miei due fratelli.

Da quando sto in Italia ho vissuto in due centri d’accoglienza e in una casa-famiglia per minori.
Ora devo pensare a trovare una strada mia, indipendente, da adulta. Ma non è facile. Finché studiavo era tutto più semplice: prima le elementari, le medie, poi il diploma. Adesso trovare un lavoro è la sfida più dura da quando sono qui.

Sono etiope, si vede dal colore della pelle, ma sogno e penso in italiano. Ho passato più anni a Roma che ad Addis Abeba.
Vorrei andare all’estero, magari in Germania, dove vive mio zio con la sua famiglia. Dicono che per noi rifugiati lì la vita sia più semplice. È più facile trovare lavoro… non so… per ora è solo un’idea.

In questi giorni scade l’ultima proroga nella casa-famiglia che mi ospita. Sono maggiorenne. Non posso più restare.
I miei fratelli più grandi lavorano e vivono insieme. La cosa più ovvia è andare a stare con loro. Sono fortunata rispetto a tanti ragazzi che non hanno nessuno, ma nonostante ciò lasciare la casa-famiglia non è semplice.
Per ora con tutte le mie forze vorrei lavorare, prendere in mano la mia vita e cominciare a guardare il futuro con un po’ di ottimismo.

Anche quest’anno a giugno abbiamo celebrato la Giornata mondiale dei rifugiati. A tutti i ragazzi che in queste ore arrivano in Italia per chiedere asilo voglio dare un consiglio: non fate stupidaggini, rigate dritto, scegliete sempre il bene. Capite qual è la strada giusta per voi. Non sarà facile arrivare alla meta. Ma provarci può dare senso al futuro.
Testimonianza raccolta da Fondazione Astalli

La foto non si riferisce ai soggetti descritti nell’articolo


CENTRO ARRUPE, UNA COMUNITÀ DI FAMIGLIE RIFUGIATE
Chi arriva in un Paese straniero con la propria famiglia in fuga da guerre e persecuzioni, o dopo anni riesce a ricongiungersi con i suoi cari, si vede costretto ad affrontare una serie di difficoltà a volte inaspettate. I nuclei familiari, specie se composti da un solo genitore, rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile perché la presenza di minori può rendere il percorso verso l’autonomia molto più lungo e tortuoso.
Il compito degli operatori della comunità di famiglie rifugiate del Centro Astalli è quindi duplice: da un lato, assicurare che la permanenza nel Centro «Pedro Arrupe» di Roma sia più confortevole e serena possibile, soprattutto per i piccoli ospiti; dall’altro, lavorare fin da subito per aiutare i genitori a tornare ad essere indipendenti.
La dimissione dal Centro in autonomia rappresenta infatti la sfida più difficile da affrontare, soprattutto in un momento in cui trovare un impiego regolare e potersi permettere un contratto di affitto risulta sempre più difficile.
Il Centro mette a disposizione degli ospiti 40 posti, in convenzione con Roma Capitale, suddivisi in piccoli appartamenti, ciascuno dotato di due stanze e servizi indipendenti. Ogni nucleo familiare può quindi godere di una certa autonomia nelle semplici azioni quotidiane come cucinare, e di un po’ di privacy, indispensabile per riappropriarsi del senso della parola famiglia. Nonostante le difficoltà, la presenza dei bambini, ormai più numerosi degli adulti, consente a operatori e genitori di concentrarsi sul futuro con maggior fiducia.



© FCSF - Popoli, agosto 2014