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L'«altro» nei periodici italiani
Io donna e lo sguardo glocal































L’analisi di questo mese è dedicata a Io donna, femminile del Corriere della Sera, di cui abbiamo considerato i numeri distribuiti sabato 5, 9 e 26 aprile.

Il settimanale è suddiviso in otto sezioni: all’editoriale e ai pezzi d’apertura seguono «Mondo Io donna», «Io guardo/ascolto», «Io assaporo», «Io sfioro», «Io cambio», «Io scopro/scelgo». Si tratta di parti autonome, ma accomunate dall’obiettivo di offrire al lettore una varietà di proposte sensoriali che lo rendano protagonista di un’esperienza piacevole.

Al pari di Vanity Fair (cfr Popoli n. 5/2014), anche Io donna si distingue per il ruolo centrale attribuito alle immagini a livello quantitativo e qualitativo. Gli articoli sono spesso accompagnati da servizi fotografici realizzati ad hoc oppure nascono da reportage o mostre in corso, come il servizio Gaza Felix (5 aprile), tratto dal lavoro «Occupied pleasures» esposto a Firenze durante il festival «Middle East Now». La pubblicità occupa una percentuale rilevante di pagine (44%), mentre lo spazio riservato all’«altro» raggiunge il 19%, concentrandosi soprattutto nella sezione «Io guardo/ascolto». Le immagini non offrono una rappresentazione stereotipata della realtà, ma trasfigurata. È quanto emerge ad esempio dal pezzo Tutti per (la) terra (19 aprile) che la redazione, in occasione della Giornata mondiale della Terra, affida allo scrittore Andrea Bajani chiedendogli di «esorcizzare la catastrofe» e «sintonizzarsi sul futuro». Diversamente dai bambini descritti dall’autore, che guardano «il buio dritto negli occhi», le fotografie non rappresentano il «mondo capovolto» dei nostri giorni, ma appagano gli occhi del lettore. Le immagini si presentano quindi come il corrispettivo iconografico degli adulti di Bajani che «hanno perso la capacità di stare davanti a una cosa troppo più grande di loro, e hanno guadagnato quella di risolvere tutto trasformando la paura in una pratica da risolvere».

Più in generale, all’interno degli articoli, l’«estero» è visto da una prospettiva determinata che, in questo caso, coincide con quella dell’«io-donna» che dà il titolo alla testata e, al tempo stesso, rappresenta l’interlocutore ideale del settimanale. È uno sguardo che osserva lo «straniero» da Occidente cercando di metterlo a fuoco, senza distacco, ma da una distanza che lo rende accettabile e narrabile. Come suggerisce l’occhiello del pezzo In Cina la ruota (degli esposti) gira troppo veloce (26 aprile), si tratta di una prospettiva «glocal» che legge il dato internazionale in relazione al contesto locale: l’abbandono dei minori in Cina «è vietato, come da noi. Ma succede come da noi».
Diversamente, nella rubrica Est/Ovest firmata da Franco Venturini, il confronto tra Oriente e Occidente ha un taglio più internazionale. È il caso dell’articolo Il pennello e la bomba (5 aprile) che offre una sintesi efficace dell’inasprimento dei divieti e dei controlli a Teheran in risposta alla politica nucleare del presidente Rouhani.

Il punto di vista glocal torna invece nella sezione conclusiva «Io scopro/ scelgo» dove, all’interno della rubrica «Vivere meglio», il rapporto tra noi e l’«altro» si risolve in un invito all’azione per aiutare chi si trova in difficoltà. Il 19 aprile troviamo la maratona Running for Kids organizzata da Terre des hommes, mentre il 26 aprile è la volta della campagna Giro fights for Oxfam per «illustrare e finanziare i progetti di sviluppo rurale e di aiuto all’imprenditoria femminile [...] in molti Paesi del Sud del mondo».

P. Gelatti e E. Schiocchet


 
© FCSF - Popoli, giugno 2014