Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Osservatorio
di Pavia Media Research
La "straordinaria" politica estera nei media italiani
L’attenzione che i media italiani dedicano alle questioni internazionali è oggetto, ormai da anni, di studi e approfondimenti, in ragione della centralità delle azioni di politica estera, della portata che alcuni eventi hanno e del dibattito dell’opinione pubblica intorno ad alcune scelte dei governi. Eventi recenti come le guerre in Iraq e in Afghanistan con contingenti italiani impiegati sul campo, la primavera araba, il rovesciamento del regime di Gheddafi in Libia, la guerra civile in Siria hanno avuto e continuano ad avere un’ampia copertura mediatica in ragione sia della loro drammaticità sia della loro prossimità.

Le guerre, i conflitti, le rivolte - avvenute e in corso nel mondo - ricevono spesso un’adeguata copertura mediatica in ragione della loro «gravità» e in ragione della loro collocazione. L’area del Mediterraneo, per vicinanza geopolitica e culturale gode tradizionalmente, nei nostri media, di uno spazio adeguato, a differenza per esempio di altre aree come quella sudamericana o quella asiatica.

Sono gli eventi «ordinari» di politica estera, ma non per questo meno importanti o cruciali, a essere spesso tralasciati dai media italiani, e non solo dai notiziari televisivi (che negli ultimi anni nella media delle sette edizioni serali hanno dedicato circa il 6% dello spazio alla politica estera, contro il 22% assegnato alla politica interna e circa il 12% alla criminalità) ma anche dalla carta stampata.

Gli esempi sono numerosi. Uno dei più recenti risale al 22 aprile scorso, quando la Commissione europea ha aperto i negoziati per l’adesione della Serbia all’Unione e per l’associazione del Kosovo. Si tratta, per quanto la cautela sia d’obbligo, di un passo molto importante per una riconciliazione definitiva nell’area dei Balcani.

Analizzando la stampa italiana, in particolare i due principali quotidiani nazionali (Corriere della Sera e La Repubblica), si rileva che essi hanno dedicato spazio alla notizia nelle edizioni on line, ma ben poco o nulla in quelle cartacee. Si può obiettare che le pagine dei quotidiani italiani erano occupate dalle attese infinite per la formazione del governo, ma si può ribattere che negli stessi giorni in Francia si manifestava contro il riconoscimento dei matrimoni tra omosessuali e, ciò nonostante, la notizia sulla Serbia ha avuto più di un articolo sui due principali quotidiani nazionali (Le Monde e Le Figaro), con un editoriale dedicato alle implicazioni dell’evento per la componente nazionalista serba. Lo stesso è avvenuto per El País, principale quotidiano spagnolo, con un editoriale critico in tema di allargamento. Anche The Guardian e The Daily Telegraph hanno trattato la vicenda, nonostante il tradizionale euroscetticismo britannico.

Inoltre, negli stessi giorni, i principali quotidiani europei davano notizia della crisi sino-giapponese per il controllo delle isole Senkaku, evento di politica internazionale non tematizzato dai principali quotidiani italiani.

È pur vero, guardando alla Realpolitik, che il ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale (così come le azioni di politica estera in cui essa è coinvolta) è diverso rispetto a quello di Paesi come Gran Bretagna, Francia o Germania. È altrettanto vero, però, che raccontare eventi che avvengono fuori e lontano, soprattutto se riguardano opportunità politiche, è di per sé un’occasione di cambiamento. D’altra parte, come ha ricordato Barack Obama nel discorso di insediamento del gennaio scorso «quando i tempi cambiano, dobbiamo cambiare anche noi».

Paola Barretta



© FCSF - Popoli, 1 giugno 2013