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Libano: il rebus delle elezioni
Il processo elettorale libanese si trova da mesi a un punto fermo in cui le parti in gioco, in primis i principali partiti politici, non riescono a trovare un accordo sulla riforma elettorale necessaria per giungere alle elezioni politiche previste per il 2 giugno 2013. Numerosi commentatori si aspettano che tale data sarà rinviata per permettere alle parti politiche di riprendere le consultazioni per la revisione della legge elettorale.

Una legge che avrà sicure ripercussioni anche sull’attività dei mezzi di comunicazione di massa e sulle modalità di copertura della campagna elettorale.

Per le elezioni parlamentari del 2009, per la prima volta, sono state introdotte in Libano delle essenziali riforme del quadro normativo che regola la campagna elettorale, colmando così un vuoto giuridico a lungo criticato da osservatori nazionali e internazionali. La Legge n. 25 del 2008 introduce, infatti, tre principali elementi di novità: la creazione della Commissione di supervisione della campagna elettorale (Scec) che, pur operando nell’ambito del ministero degli Interni, gode di autonomia d’azione e di giurisdizione; l’introduzione di un sistema di controllo del finanziamento della campagna elettorale; l’adozione di una regolamentazione della copertura della campagna elettorale da parte dei mass media, misura cruciale per il contesto libanese.

Il panorama mediatico nazionale, infatti, pur caratterizzato da un sostanziale pluralismo e da una diversità di fonti, è affetto da una lunga tradizione di affiliazione politica o settaria: ogni singola testata è generalmente legata, economicamente o ideologicamente, a un determinato fronte partitico con cui intrattiene rapporti di collateralismo o di esplicito sostegno politico. 
Il quadro normativo prevede che i mezzi audiovisivi pubblici e privati rispettino i principi di equità, equilibrio e correttezza professionale nel trattamento dei temi e degli attori della campagna elettorale. La legge, inoltre, proibisce l’incitamento all’odio intersettario e gli appelli alla violenza diffusi attraverso i media, un divieto cruciale per un contesto polarizzato lungo linee di affiliazione religiosa quale è il Libano. La nuova legge stabilisce che la Scec stessa adotti un sistema di supervisione della copertura mediatica per verificarne l’aderenza alle disposizioni di legge e di infliggere sanzioni in caso di violazioni.

Il monitoraggio condotto dalla Scec nel corso della campagna elettorale del 2009, così come quello svolto in parallelo dalla missione di osservazione elettorale della Ue, aveva evidenziato che i media libanesi avessero violato i principi sottesi al quadro normativo in vigore. Pur con una copertura delle elezioni ampia ed esauriente, la stampa e i mezzi audiovisivi, inclusa la televisione pubblica Télé Liban, hanno mostrato un evidente imprinting partigiano nelle scelte editoriali e nei toni utilizzati. Coerentemente con tale impostazione tendenziosa, i media libanesi hanno dato ampio spazio agli attacchi personali fra candidati, spesso prossimi alla diffamazione e all’incitamento alla violenza intersettaria. Il discorso politico reale e mediatico è stato denotato, infatti, da un continuo riferimento alle divisioni esistenti a livello politico e sociale tra gruppi confessionali contrapposti, principalmente le comunità sciita, sunnita e cristiana maronita.

In tale quadro di polarizzazione la campagna mediatica ha trascurato una reale discussione in merito alle politiche pubbliche e ai programmi elettorali. I due monitoraggi hanno inoltre rilevato come i mass media libanesi abbiano regolarmente evaso il divieto di propaganda elettorale che vige nelle 24 ore precedenti al voto e sino alla chiusura dei seggi. Nonostante i ripetuti inviti ufficiali da parte della Scec a rispettare le disposizioni di legge, tutte le principali testate, in particolare quelle Tv, hanno invitato candidati e rappresentanti politici e hanno esplicitamente espresso il loro sostegno a favore o contro determinate alternative politiche.

Sulla base di tale esperienza, il dibattito sulla riforma elettorale appare un momento cruciale per riflettere sulle misure da adottare per garantire una copertura mediatica della campagna elettorale capace di informare l’elettorato in modo imparziale e costruttivo. Resta il dubbio se esista una reale volontà da parte dei partiti politici di avviare tale riflessione.

Giovanna Maiola

© FCSF - Popoli, 1 maggio 2013